Omicidio al Villaggio Anic, chiesto il processo per l'omicida 55enne: accuse da ergastolo

Rimini

 

RAVENNA. «Ha ucciso con crudeltà e per motivi futili e abbietti». Aggravanti di un omicidio che in teoria potrebbe costare l’ergastolo a Giuseppe Napoli, il 55enne di origini catanesi reo confesso dell’assassinio della 75enne Anna Maria Bartolotti, trovata morta nel suo appartamento di via Lago di Ledro, al villaggio Anic, lo scorso 2 dicembre.

L’inchiesta del pm Angela Scorza è formalmente chiusa e la procura ha chiesto il giudizio immediato per Napoli che, difeso dall’avvocato Carlo Benini, ha già confessato il delitto nel corso di un drammatico interrogatorio reso il 21 dicembre scorso dopo dieci giorni di carcere. Per Napoli è già stata fissata la prima udienza di fronte alla Corte d’Assise per fine settembre, ma l’imputato chiederà con ogni probabilità un rito abbreviato per ottenere lo sconto di un terzo della pena ed evitare così il carcere a vita.

Il 55enne è accusato non solo di omicidio aggravato, ma anche di furto. Un furto di mille euro ( più qualche monile d’oro) che sarebbe stato anche il movente del delitto. Stando alla sua versione dei fatti quel pomeriggio Napoli, che era stato legato sentimentalmente alla sorella di Anna Maria Bartolotti (di 23 anni più grande e ora ospite di una casa di riposo), andò in via Lago di Ledro per chiederle una piccola somma di denaro (circa 30 euro). Con quei soldi, a suo dire, avrebbe voluto fare un regalo alla sua “ex” con la quale, in realtà, non aveva da tempo contatti. La Bartolotti, vedova da qualche anno e in quel momento sola in casa, fece entrare l’uomo al quale offrì un caffè. Poi, però, intuendo le sue reali intenzioni, gli negò quell’aiuto. A quel punto la reazione di Napoli fu a dir poco violenta. «Quando lei si è alzata per lavare le tazzine sono stato preso come da un raptus e le sono saltato addosso - disse l’uomo al pm Scorza nel corso della sua confessione - Ho preso una sciarpa di lana e ho cercato di strangolarla. Poi è caduta a terra e le sono saltato sopra lo sterno con le ginocchia e infine le ho conficcato nel collo qualcosa di appuntito, ma non chiedetemi cosa. Davvero non ricordo».

Una ricostruzione definita dagli inquirenti «compatibile» con quanto stabilito dall’autopsia che aveva fatto emergere, oltre ai segni di strangolamento e accoltellamento, persino una rottura delle costole della povera pensionata, spiegabile con l’enorme differenza di stazza tra l’aggressore e la Bartolotti. Subito dopo Napoli avrebbe frugato nell’armadio della donna rubando alcuni gioielli e il portafogli, poi gettato in un cassonetto. Poi aveva cominciato ad accusare lo stress e si era sentito male. Era entrato in un bar, aveva chiesto qualcosa da bere e infine aveva raggiunto l’ospedale con i vestiti ancora imbrattati di sangue. Qui rimase ricoverato per circa una settimana. Nel frattempo la polizia aveva già cominciato a indagare su di lui. Un’indagine tutt’altro che scontata perché il cadavere della Bartolotti venne ritrovato in serata dopo che alcuni amici avevano dato l’allarme alle forze dell’ordine per un suo sospetto ritardo a un appuntamento. Il medico del 118 che ne certificò la morte non si accorse però della “particolarità” dei segni che la donna aveva sul volto e in un primo momento quei traumi vennero collegati a una caduta accidentale o dovuta a un malore. Ma la mancanza del portafogli della donna fece scattare l’inchiesta.

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