«Don Desio? Lo salverei ancora»

Rimini

RAVENNA. «Quello che ho fatto quella sera? Lo rifarei, non sono io a dover giudicare. E in fondo forse è stato il destino che ha voluto andasse in questo modo. Anche perché se fosse annegato probabilmente non sarebbe mai emerso nulla».

Riccardo Giovanelli è stato uno dei tre che la sera di febbraio in cui don Giovanni Desio finì col suv in bilico sul porto canale ha salvato la vita al parroco. Con lui c’erano altri due cittadini di Casal Borsetti, Marcello Zinzani e Andrea Agostini, che si prodigarono per estrarre il sacerdote dall’abitacolo. Lo afferrarono appena in tempo, estraendolo dalla macchina pochi istanti prima che la vettura andasse a fondo.

Tradito dallo spirito di vino, salvato dallo Spirito Santo, ironizzarono in molti. Quella sera il prete ebbe l’incidente perché si trovava alla guida ubriaco. Si salvò e qualcuno pensò al miracolo della Provvidenza. Ma col senno di poi quello non fu l’inizio di una nuova vita. Fu semplicemente l’inizio della fine.

Oltre all’auto, affondò infatti anche la sua immagine dando credito alle tante illazioni che circolavano sul suo conto. Poi lui fece il resto, entrando nei profili di alcuni dei suoi ragazzi, i “ragazzi del don” come tutti li chiamano, per inviarsi messaggi di sostegno, incoraggiamenti e per offendere i giornalisti (categoria di cui lui stesso faceva parte essendo all’epoca direttore del settimanale diocesano) rei di averlo attaccato. Post e sms per interposta persona finiti al centro dell’indagine della Squadra mobile. Messaggi discutibili, censurabili, ma ancora nei limiti della decenza. Di tutt’altro tenore rispetto a quelli, impubblicabili, che inviava ad alcuni dei giovani che gravitavano attorno alla parrocchia e che sono finiti nero su bianco nel provvedimento restrittivo firmato dal gip Rossella Materia.

Più d’uno in paese, dopo l’arresto di una settimana fa con l’infamante accusa di atti sessuali su minori e adescamento, si è domandato cosa sarebbe accaduto se quella sera le cose fossero andate diversamente. E più d’uno lo ha chiesto ai tre che gli hanno salvato la vita. «E’ stato un gesto istintivo e doveroso - spiega Giovannelli, titolare del San Marino Cafè - e lo avrei fatto anche se avessi saputo quello che ancora non si conosceva. Anche prima in fondo c’era chi diceva che non fosse un santo. Certo che un conto è un bicchiere di troppo, altro quello che sta emergendo ora. A Casal Borsetti stiamo tutti molto delusi».

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