Don Tanasini, il prete di Ravenna con la pistola che sfidò i nazisti

Cervia

RAVENNA. “Pastore partigiano” gridò una sera un soldato tedesco prima di sparare in direzione di don Elvezio, il giovane cappellano di Mezzano, dal passo energico, che entrato nel comitato di liberazione nel 1944 prese parte alla rete organizzativa che smistava viveri e informazioni ai componenti delle varie unità combattenti, sparse tra la campagna e le valli. Non fu per quel colpo però che il 12 gennaio scorso, nel piazzale dell’istituto comprensivo Manara Valgimigli in via Reale a Mezzano si è svolta la cerimonia di intitolazione di quel tratto di strada a don Elvezio Tanasini, sacerdote nato a Roncalceci nel 1918 e morto a Ravenna nel 2004. Il pronto intervento di un vecchio contadino e uno spintone all’improvvisato cecchino salvò la vita al cappellano, descritto di corporatura robusta, scorbutico, dal gran cuore indomito, avvezzo anche alle armi che durante la guerra portava con sé, senza sparare un colpo ad anima viva. Come un don Camillo romagnolo, salvò anche dal linciaggio della popolazione inferocita un giovane disertore tedesco, racconta don Enzo Tramontani in un’accurata biografia, pubblicata su Il Risveglio qualche anno fa.

Il coraggio e la bicicletta

L’attivismo di don Elvezio, che in bicicletta raggiungeva il centro città per tenere i contatti con i giovani Zaccagnini e Cingolani, venne riconosciuto e apprezzato dal sindaco Gino Gatta, Zalét, dal comandante Falco, Alberto Bardi, e da Bulow che in una casa nei pressi della chiesa di Mezzano organizzarono il comando della 28° brigata nel 1944.

Senza dare troppo nell’occhio don Elvezio era l’unico che poteva trasportare grandi quantità di viveri destinati ai partigiani nascosti. E non risparmiò energie per aggirare controlli e vessazioni.

Dopo la Liberazione fu insignito di un attestato ufficiale con croce per meriti partigiani, ma la voce e l’autorevolezza di don Elvezio non si spense e anzi si alzò nei mesi successivi all’interno del comitato di liberazione per condannare la spirale di violenza e di vendette private che in quindici giorni procurarono otto morti a Mezzano, tra i quali il direttore dello zuccherificio Eugenio Barbè.

Riuscì a salvare la vita anche al parroco di Mezzano don Giuseppe Strani, di dichiarate simpatie fasciste, il religioso nel 1910, racconta sempre Tramontani, lasciò Campiano perché minacciato di morte, poi nel 1914 durante i moti della Settimana rossa fu caricato su un asino e fatto sfilare nelle vie del paese.

Il ricordo

Alla cerimonia di intitolazione, ospitata dal dirigente scolastico Giancarlo Frassineti all’interno del proprio istituto, alla presenza del arcivescovo Lorenzo Ghizzoni, dell’assessore Giandrea Baroncini e dei rappresentanti del consiglio territoriale ha partecipato anche Dino Veroli. Ottandue anni, ispiratore della dedica, chierichetto di don Elvezio nel 1945, Veroli è sempre rimasto legato al sacerdote, che operò in paese fino al 1953, anni in cui inaugurò la scuola materna parrocchiale alla presenza del cardinal Lercaro, a quei tempi arcivescovo di Ravenna. «Una figura autorevole – spiega Frassineti – in anni conflittuali seppe guadagnarsi il rispetto di tutti». «Nella mia vita è stato sempre un riferimento – ricordo Veroli – ci ha sempre spinti ad impegnarci nel volontariato ad essere partecipi alla vita della comunità. Era un uomo di larghe vedute, capace di dialogare con tutti». A differenza del personaggio immortalato da Guareschi o di don Fuschini, prete e scrittore, don Tanasini nel dopoguerra non si ritagliò un ruolo di natura “politica” ma visse totalmente ed esclusivamente il proprio ruolo di pastore di anime.

Dal 1953 al 1968 fu parroco a Portomaggiore dove si preoccupò di recuperare dalle rovine la chiesa di Santa Maria Assunta e l’asilo parrocchiale. Nel 2014 Portomaggiore gli intitolò una strada e un convegno. Nominato monsignore nel 1955, dal 1968 al 1995 fu arciprete della cattedrale di Cervia, ispirando la costruzione della chiesa di Santa Maria della Neve. Nel 1986 accolse Papa Giovanni Paolo II. Si è spento a Ravenna, ospite dell’Opera di Santa Teresa nel 2004. Il nipote, monsignor Alberto Tanesini è l’attuale vescovo di Chiavari.

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