Morti sospette all'ospedale di Lugo "Non serviva una nuova perizia, bastavano le prove raccolte"

Lugo

RAVENNA. Non era necessaria una nuova perizia. Si deve invece dare peso alle singole prove, che già nella sentenza di primo grado avevano portato all’ergastolo. Parafrasando la Corte di Cassazione, è questa la motivazione principale della sentenza che lo scorso 20 luglio ha annullato l’assoluzione per Daniela Poggiali, l’ex infermiera dell'ospedale "Umberto I" di Lugo, accusata di aver ucciso con una dose letale di potassio la 78enne Rosa Calderoni, morta nel reparto in cui l’infermiera lavorava nell'aprile del 2014.

La Suprema Corte insiste sulla necessità di «una nuova valutazione dell’intero compendio indiziario». E focalizza le conclusioni sul deflussore della flebo utilizzato proprio per somministrare la terapia all’anziana. «All’interno - rileva la presidente Antonella Patrizia Mazzei - vi era, effettivamente, del cloruro di potassio», mentre invece la cura prescritta per Rosa Calderoni «non prevedeva la presenza di potassio in soluzione». Per gli Ermellini proprio quello stesso deflussore era «rimasto nella disponibilità della Poggiali per un tempo comunque significativo» così come il campione ematico prelevato poco prima del decesso della Calderoni, "rimasto nella disponibilità della Poggiali per un tempo assolutamente ingiustificato". Tutto torna ora a Bologna, a una nuova corte d’assise di appello. 

Tutti i dettagli nell'articolo pubblicato oggi dal Corriere Romagna in edicola

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