Fanghi del Candiano, chieste le pene e la confisca dei terreni della Sapir

ravenna

A due anni e mezzo dall’apertura dell’inchiesta sui fanghi nelle casse di colmata della Sapir, il processo a carico dei sei imputati inizia a vedere la fine. Ieri pomeriggio il pubblico ministero Marilù Gattelli, al termine di una complessa e tecnica requisitoria, ha portato davanti al giudice le sue richieste: un anno di carcere e 12mila euro di ammenda per l’allora vicepresidente di Cmc Maurizio Fucchi e 1 anno e 4 mesi di reclusione, oltre a 16mila euro di ammenda, per tutti gli altri, ossia l’ex presidente dell’Autorità Portuale Galliano di Marco, l’ex presidente di Sapir Matteo Casadio e l’ex amministratore delegato Roberto Rubboli, oltre all’ex amministratore delegato di Cmc Dario Foschini e l’allora vicepresidente Alfredo Fioretti (oggi presidente della storica coop ravennate). Infine la richiesta forse più pesante, ossia la confisca dei terreni della Sapir toccati dall’inchiesta.

L’intera indagine, coordinata dal procuratore Alessandro Mancini e dal pm Marilù Gattelli, girava attorno a una vera e propria “montagna” di fanghi. Tre milioni e 154mila metri cubi per l’esattezza derivati dalle operazioni di escavo del Candiano del 2008, allora “parcheggiati” in otto diverse casse di colmata della Sapir. Peccato che una volta scadute le autorizzazioni, quei materiali - secondo l’accusa - gli enti interessati li avrebbero dovuti togliere e non lasciare lì per anni. Da qui le imputazioni dei due reati ambientali in concorso: “smaltimento di rifiuti in mancanza di autorizzazione” e “creazione di discarica non autorizzata”.

La discussione

Come ribadito ieri in udienza dal pm davanti al giudice Federica Lipovscek, ad oggi quei fanghi si trovano «ancora depositati nelle casse di colmata sine titulo» e questo nonostante tutte le autorizzazioni siano scadute e le casse siano state ormai tutte dissequestrate. «E dopo sette anni da tale scadenza, possiamo dire di essere davanti a una discarica abusiva», da cui conseguirebbe un illecito «abbandono di rifiuti». La stessa Provincia di ravenna, in documento depositato ieri in corso di udienza dal pubblico ministero, ha infatti sempre definito i fanghi del Candiano come rifiuti, anche se non pericolosi. Come venne ricostruito già al termine dell’inchiesta conclusa a marzo del 2016, quelle autorizzazioni mancanti dovevano essere fornite dalla Provincia, mentre i terreni erano di proprietà sia della Cmc che della Sapir. Ad aver chiesto i lavori di scavo (alla Cmc) era stata invece l’Autorità portuale.

Una situazione da risolvere, dunque, al di là del procedimento penale in corso, perché con le casse di colmata ancora piene è tutt’oggi impossibile conferire altri materiali al loro interno.

Tra gli avvocati difensori Ermanno Cicognani (per Rubboli), Mauro Cellarosi e Maurizio Merlini (per Casadio), Roberto Fariselli, Mirca Tognacci (per la Cmc) e Gilberto Giusti del foro di Firenze (per Di Marco). Nella prossima udienza la parola passerà a loro, dove cercheranno di sostenere le ragioni dei loro assistiti.

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