Bloccato in stazione a Ravenna affiliato alla mafia nigeriana

Ravenna

RAVENNA. Si trovava in stazione a Ravenna e per gli inquirenti si stava spostando in Lombardia (dove formalmente risiede) uno dei presunti membri del gruppo affiliato alla mafia nigeriana smantellato dalla Polizia. Gli uomini della Polfer e della Squadra mobile di Ravenna lo hanno fermato nella mattinata notificandogli il provvedimento di fermo emesso nell'ambito dell'indagine della Dda di Cagliari.

In manette è finito Samuel Onaghise, 43enne attualmente domiciliato a Como ma fino al 2015 residente in città. Più volte finito nei guai, a suo carico risultano denunce e segnalazioni tra molestie, minacce, resistenza e stupefacenti. Nel 2016 diede in escandescenze con un controllore su un treno a Bagnacavallo, mentre l'estate scorsa era diventata definitiva una condanna a 6 mesi e 20 giorni per un documento falso.

Il suo nome figura nell'elenco dei destinatari della misura in quanto componente dell'organizzazione Suprem Eye Confraternity attiva sia nel business della prostituzione che in quello del traffico di stupefacenti. Secondo quanto ricostruito finora dagli inquirenti, il 43enne rintracciato a Ravenna operava in quest'ultimo campo insieme ad altri connazionali organizzando i viaggi degli “ovulatori” verso Milano, base di arrivo della droga destinata alla Sardegna, oltre a fungere da punto di contatto dell'organizzazione per l'area romagnola.

Le indagini sull'organizzazione criminale, partite nel 2017, hanno evidenziato traffici di droga transnazionali con carichi provenienti da Sudafrica, Mozambico e Olanda. Fiumi di droga ma non solo. La cellula che aveva come base operativa la Sardegna (in particolare un capannone a Selargius che fungeva anche da “tribunale” con tanto di punizioni corporali a colpi di frusta per gli affiliati accusati di aver sgarrato) vedeva Ahmed Driss, 41enne della Costa d'Avorio, al vertice del gruppo. Tutti gli affiliati indossavano baschi o berretti azzurri e sciarpe gialle e rosse, a seconda degli incarichi rivestiti; oltre a una ripartizione dei compiti a loro veniva anche chiesto di versare denaro destinato ad aiutare i membri arrestati dalle forze dell’ordine.

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