Epitaffi, opere d’arte e sepolcri d’autore, il cimitero di Faenza si apre anche alle visite guidate
Cimitero vivo
Fermo restando il contegno per la sacralità del luoghi, sono migliaia i visitatori del Verano a Roma, del Monumentale a Milano, della Certosa a Bologna e di altri come il Staglieno a Genova: cimiteri “vivi” anche fuori dai giorni della commemorazione dei defunti, ormai prossimi. L’Osservanza di Faenza non è da meno, anzi: è il quarto istituito in Italia (nel 1806) dopo la revisione napoleonica che toglieva alla Chiesa l’esclusiva gestione dei cimiteri, passandola alle autorità civili. Solo quelli di Bologna, Ferrara e Brescia sono di poco più antichi. Del patrimonio disponibile si è accorta la Pro loco che ha incluso il cimitero nelle visite turistiche, e ha dato alle stampe ben due opuscoli con altrettanti percorsi guidati “L’emiciclo di Costantino Galli” e “La chiesa di san Girolamo”.
Restaurato il sepolcro Zannoni
Anche Azimut (servizi cimiteriali) ha recentemente restaurato alcune antiche tombe abbandonate e sepolcri, come quello del garibaldino e patriota perseguitato Francesco Zannoni, amico di Giuseppe Mazzini, dove svetta una spettacolare torciera quadripode, opera dell’Officina Matteucci: «Era infestato di erbacce e avevano attecchito alcuni arbusti – ha riferito la guida Sandro Bassi –: è stato ripulito e sono leggibili gli epitaffi sui quattro bronzi ai lati».
Significativa e ironica la dicitura “X lustri e l’esilio inflittogli dall’odio del prete non valsero a cancellargli dal cuore la sua Faenza”. Zannoni morì infatti a La Spezia e fu traslato solo successivamente.
Una grande raccolta
La facciata “Emiciclo” evoca il portico di San Pietro a Roma e la piazza del Plebiscito a Napoli: fu ideata da Costantino Galli nel 1858-59. La chiesa di san Girolamo è custode del sepolcro dei Manfredi da qui proviene anche il san Giorolamo di Donatello, oggi in Pinacoteca. Drei, Rambelli, Melandri, Nonni, Biancini, Matteucci, Lucio Fontana si sono cimentati in lavori di grande impatto e magnificenza. Vedi per esempio il monumento a Rosa Laghi (Rambelli 1918) oppure la cappella Baccarini, con monumento in marmo bianco di Domenico Randi su disegno di Giovanni Collina.
Qui riposa l’infelice
Probabilmente unica è la “Tomba d’un infelice” nel chiostro Badia Vecchia: un semplice marmo intriso di mistero, diventato un po’ il simbolo del cimitero, capace di richiamare curiosità, malinconici sorrisi e offerte più di tante altre tombe ben più blasonate.