Addio a un pezzo di Ravenna. Chiude la storica Cappelleria Manzoni

«Ho la fortuna di aver fatto per tanti anni un lavoro che mi piace e in cui mi sono impegnato tanto – riflette Manzoni –. Ora però è giunto il momento di salutare e andare in pensione prima di arrivare a odiarlo. In nome di questa mia passione ho trascurato tante cose e adesso voglio recuperare. Ad esempio, non vedo l’ora di andarmene a pesca».
Il distacco finale dalla vita lavorativa ha coinvolto anche i suoi altri impegni di lungo corso, come l’altro negozio di Lugo e il ruolo nella Confesercenti, attraverso cui per anni si è impegnato in difesa della categoria. Se però tale incarico passerà nelle mani di un sostituto, Manzoni si è ormai arreso all’evidenza che l’eredità della sua cappelleria non verrà raccolta da nessuno.
Manzoni si era fatto trovare preparato all’avvento dell’era digitale, diventando uno dei primi in Italia a sfruttare le potenzialità dell’e-commerce. Attraverso Internet ha infatti ampliato il giro d’affari nei cinque continenti e a spedire i cappelli in più di cento nazioni diverse. Tuttavia, anche il bottegaio locale più abile, non può competere con l’intero mondo del web. Altro fattore che ha danneggiato il business è il cambiamento dei paradigmi della moda uomo. Quaranta o cinquant’anni fa il cappello segnava il rango di chi lo indossava, mentre oggi sono orologio e cellulare che ne hanno rilevato lo status symbol. Infine, l’avvento dei centri commerciali ha allontanato altri potenziali acquirenti dai negozi del centro, tanti che Montanari è stato costretto a chiudere pochi mesi addietro. «È un allarme che ho lanciato già trent’anni fa, ma che è finito inascoltato – conclude Manzoni –. Ormai conosco la faccia di tutti i passanti: mi piace stare in mezzo alla gente. Ma se il centro cessa di essere un luogo in cui trovarsi, passeggiare e fare acquisti, allora è destinato a diventare un museo morto».