Morti d’amianto al petrolchimico di Ravenna: via il processo d’appello

RAVENNA. Le morti da amianto al Petrolchimico di Ravenna tornano in aula. A quasi due anni dalla sentenza di primo grado, che si concluse con sei condannati su 17 imputati per un solo caso di lesioni colpose, da oggi fino alla fine del mese i giudici di Bologna si troveranno a ripercorrere passo dopo passo una delle vicende giudiziarie più discusse e complesse che ha coinvolto la città. Un percorso giudiziario durato anni, e caratterizzato dai numeri imponenti. Una sessantina gli ex manager indagati, molti dei quali nel tempo erano però via via deceduti, e ben 78 le parti offese inizialmente individuate dalla Procura di Ravenna quando chiuse il fascicolo di indagine. Col trascorrere del tempo e delle numerosissime udienze, i numeri si sono ridimensionati, ma non il clamore mediatico di un processo che aveva come assoluto protagonista l’amianto. Quelle polveri killer che per anni sono state utilizzate nell’industria, perché ottimo isolante contro le alte temperature. Fino a quando però non si è scoperto che l’amianto era anche cancerogeno.

E se all’inizio nessuno aveva mostrato sintomi particolari, col passare degli anni i lavoratori che avevano prestato servizio al Petrolchimico di Ravenna dagli anni ’60 al 2012 hanno iniziato ad ammalarsi e poi, alcuni di loro, addirittura a morire. È questa la genesi di un processo che ha portato ex lavoratori ed eredi a chiedere di poter essere risarciti di quanto subito.

L’appello

Questa mattina a Bologna ci saranno tutti. La procura generale, le persone offese, l’Ausl, l’Associazione esposti amianto, le sigle sindacali, Legambiente, l’Inail, il responsabile civile Syndial e soprattutto gli imputati. Perché tutti, in un caso più unico che raro, hanno deciso di fare appello contro la sentenza del giudice Milena Zavatti.

Il magistrato, dopo che a novembre del 2016 aveva condannato a otto mesi di reclusione sei imputati per un solo caso di lesione colposa (prescrizioni e assoluzioni sono invece giunti per gli altri casi di lesioni, morti e reati ambientali), nella primavera dell’anno scorso aveva infatti depositato le motivazioni della sentenza. In quasi cento pagine il giudice Zavatti aveva infatti riconosciuto che i lavoratori del petrolchimico erano stati soggetti a esposizioni anche lunghe di amianto dentro gli stabilimenti. Tuttavia, mentre per le lesioni i nodi sono stati sostanzialmente risolti, per i decessi da mesotelioma è rimasto aperto il dibattito della cosiddetta “carcinogenesi”, ovvero il momento esatto in cui le cellule tumorali si manifestano nell’organismo. Il cuore reale di tutto il caso, su cui si giocherà sicuramente anche tutto il processo di appello.

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