«Sanzioni a raffica per ripicca». Ma il maresciallo di Ravenna si difende dalle accuse

Ravenna

RAVENNA. «Tutto è iniziato quando un mio vicino di casa mi fece notare quel parcheggio». Inizia così la difesa del maresciallo dei carabinieri a processo per abuso d’ufficio, che ieri è comparso davanti al giudice per raccontare la sua versione dei fatti. Il caso che riguarda l’allora vicecomandante della stazione di via Alberoni (ora trasferito in altra sede) è storia nota. Il militare, secondo la procura della repubblica ma anche secondo i suoi superiori, per diversi mesi si sarebbe accanito contro uno stallo adibito al “carico e scarico” delle merci realizzato proprio davanti a casa, staccando decine di multe a chiunque vi parcheggiasse senza secondo lui averne titolo. Ravvisando un probabile abuso di potere da parte del maresciallo, legato sembrerebbe a una sorta di inimicizia tra il carabiniere e la titolare del negozio di fiori davanti a cui era stato realizzato il parcheggio, qualcuno nel 2012 pensò bene di inviare una lettere anonima al comando provinciale, segnalando l’anomalia. Da qui è partita l’indagine, durante la quale sono state annullate molte delle sanzioni elevate perché ritenute “illegittime” e che oggi vede l’uomo nella veste di imputato. Secondo il maresciallo, però, quelle multe non sarebbero affatto illegittime e il suo comportamento un semplice dovere istituzionale di un esponente delle forze di polizia.

La difesa

«Il primo a segnalarmi quello stallo di “carico e scarico” fu un mio condomino, facendomi notare come in realtà vi parcheggiasse chiunque – ha raccontato ieri l’imputato –. A quel punto ho iniziato ad informarmi per capire quale fosse la normativa in materia e poi ho dato incarico ai carabinieri che facevano servizio in zona, quando passavano, di controllare il parcheggio e segnalarmi le targhe di chi vi sostava». A quel punto il militare non faceva altro che fare una visura del mezzo e, se considerato non idoneo al parcheggio, faceva partire la multa. È servito l’intervento dei superiori del maresciallo per far cessare la raffica, che gli hanno intimato a più riprese di smettere di fare quelle sanzioni.

L’ex colonnello in aula come teste

Tra coloro che si interessarono del caso anche l’allora comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Guido De Masi, anche lui comparso ieri mattina in tribunale per testimoniare.

«Il nostro compito è quello di occuparci di ordine e sicurezza pubblica – ha specificato De Masi –, le multe per divieto di sosta non sono nel nostro dna. Quando abbiamo riscontrato questa anomalia, ho quindi informato la procura, dando il via agli accertamenti. Inizialmente pensavamo fossero in molti i coinvolti, poi invece scoprimmo che si trattava solo del maresciallo, che addirittura in certe occasioni coinvolgeva anche carabinieri in servizio antidroga per queste multe. A quel punto gli feci intimare di smetterla con le sanzioni, anche perché sembrava proprio che dietro vi fosse un motivo di inimicizia personale».

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