Ticket, Ausl a caccia di furbetti

Rimini

RAVENNA. Due terzi dei ravennati non pagano il ticket sanitario perché esenti: 85mila i meno abbienti che godono dell’esenzione per il reddito basso, ma circa in mille, lo scorso anno, hanno provato a fare i “furbetti” dichiarando meno in realtà di quanto percepito. L’Ausl è riuscita a recuperare l’85% dei pagamenti “evasi”, ma contro le dichiarazioni farlocche mette in campo i controlli incrociati con l’Agenzia delle entrate e da quelle maglie, non passa uno spillo. «Verifiche al 100%».

Caccia ai furbetti. Lo aveva annunciato appena un paio di giorni fa il ministro alla salute Beatrice Lorenzin: per recuperare risparmi per altri tre miliardi di euro in tutto il sistema sanitario nazionale, Roma avrebbe cominciato proprio dai controlli sugli evasori dei ticket, partendo dunque dalle esenzioni. Tante, quelle ravennate, ma in linea col dato nazionale. Solo il 40% dei residenti nei distretti sanitari ravennati dell’Ausl unica paga il ticket. Su una popolazione di 395mila abitanti, in 225mila godono dell’esenzione. Si tratta per lo più di malati cronici: a quella voce, sono 111.548 i cittadini che non pagano il ticket; ci sono poi i “poveri”: le esenzioni per reddito basso sono in tutto 85.916. A seguire, gli invalidi (25.343) e le esenzioni per malattie rare (2.633).

«Ma i controlli ci sono». Normale, dicono i tecnici dell’Ausl, avere un dato tanto alto di esenzioni per malati cronici. D’altronde, la popolazione invecchia e sono tanti gli anziani seguiti dall’Ausl, ma è proprio su questa voce di dispensa che ci sono meno dubbi. E questo perché «non c’è possibilità che un cittadino ottenga l’esenzione senza la presentazione di una certificazione di uno specialista di una struttura pubblica, o della cartella clinica di una struttura pubblica o accreditata: insomma, sono dati controllati al 100%», spiega il dirigente amministrativo Mirella Fantinelli.

Verifiche incrociate. Altra cosa sono le esenzioni da reddito basso: l’Ausl non rimane immobile di fronte alle autocertificazioni per la dispensa e attiva i controlli incrociando i dati con quelli che l’Agenzia delle entrate invia alle regioni. Le cifre vengono confrontate a quelle dell’autocertificazione e ogni tanto le discrasie emergono. Nel dettaglio, nel 2013, controllando le autocertificazioni dei due anni precedenti, sono emerse circa un migliaio di posizioni “non veritiere”. Differenze che, in alcuni casi, finiscono direttamente sul tavolo della Guardia di Finanza che, autonomamente, spesso richiede all’Ausl di incrociare i propri dati alla ricerca degli evasori. E comunque, una volta rintracciate le prestazioni sanitarie non pagate in virtù di un’autocertificazione del reddito non conforme, l’Ausl invia la richiesta di rimborso al cittadino: nell’85% dei casi, nel 2013, gli utenti hanno pagato e le somme evase, dunque, sono state recuperate. Gli altri hanno in parte presentato ricorso: per alcuni è partito infine il recupero del credito.

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