Caccia ai “furbetti del ticket”. Al pronto soccorso di Ravenna uno su due non paga

RAVENNA. Una persona su due che si reca al Pronto soccorso dell’ospedale di Ravenna non paga il ticket per la prestazione sanitaria che gli è stata erogata. Vuoi per dimenticanza o vuoi per la cattiva abitudine di voler fare i furbi, ma alla fine il risultato è il medesimo: gli introiti mancati arrivano a centinaia di migliaia di euro per la struttura sanitaria. Un dato sorprendente e ora l’Ausl cercherà di trovare un rimedio a un danno economico che supera i 700mila euro in due anni.

Codici bianchi “a scrocco”

Sì perché, come molti sanni, non tutte le visite al Pronto soccorso sono gratis per i cittadini. I cosiddetti “codici bianchi”, ossia quelle persone la cui patologia viene considerata dall’ospedale di gravità nulla, se non sono esentate per qualche motivo legato al reddito, devono pagare quanto richiedono in termini di cure. Un principio che, in teoria, dovrebbe scoraggiare anche quanti preferiscono passare al pronto soccorso anche nei casi in cui sarebbe meglio rivolgersi al medico di famiglia.

Quanti “furbetti”

E invece i furbetti del ticket sono molti di più di quanto si pensi. Nel 2016 il Pronto soccorso di Ravenna non ha incassato la bellezza di quasi 370mila euro (il 48% delle prestazioni totali erogate) e l’anno scorso non ne ha incassati altri 340mila (sempre il 48%).

Il perché è abbastanza facile da spiegare. Quando una persona si reca al pronto soccorso prima di tutto passa dall’accettazione dove, dopo aver spiegato i motivi per cui si è recato all’ospedale, gli viene assegnato un codice di gravità. A quel punto scattano visite ed eventuali esami, al termine dei quali solitamente una persona viene dimessa con il riscontro della patologia, la cura e infine l’eventuale revisione del codice di gravità. Per i “malati” non gravi e non esenti da ticket, al termine della giostra ospedaliera viene fornito anche il modulo per pagare alle casse automatiche. Alcuni esami costano anche profumatamente. Ma è a questo punto che per un paziente su due si accende la lampadina: far finta che la cassa automatica non esista, uscire dalla porta principale e semplicemente tornarsene a casa.

Recupero crediti

In questi casi la prassi che segue ogni ospedale, quindi anche quello di Ravenna, è semplice. Ossia viene mandato il ticket a casa con la richiesta di pagamento. Ma spesso anche la missiva non sortisce effetto.

Si passa quindi ai solleciti, con i quali solitamente si riesce a recuperare il 40% dei mancati incassi. E per il restante 60? Le strade sono due. Per i cittadini residenti a Ravenna e in Romagna si passa alla cartella esattoriale. Quindi prima o dopo e volenti o nolenti si è costretti ad aprire il portafoglio. Per i cittadini che provengono da fuori o per gli stranieri, invece, l’Ausldeve procedere al rimborso coatto tramite l’ufficio legale. Diverso il caso invece per quanto riguarda le visite specialistiche ambulatoriali, dove a non pagare sono solo lo 0,5%. Ma in questo caso perché le prestazioni vanno pagate anticipatamente.

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