Ravenna, chiuse il marito a chiave in casa, cinque mesi per sequestro di persona
Tensioni in famiglia
Una vicenda vissuta dalla 30enne non senza incredulità. Le intenzioni, secondo la versione della donna, non erano di imprigionare il marito in casa, ma semplicemente di assentarsi per un’oretta e mezza con la figlia. Tuttavia le cose in famiglia non andavano più bene da qualche tempo: il marito se n’era andato, salvo poi essere riaccolto sotto il tetto coniugale una settimana e mezzo fa. Qui, sul divano, si era addormentato lunedì nel tardo pomeriggio. E quanto al suo risveglio non ha trovato nessuno in casa, verificando che pure il portone era chiuso a chiave non ci ha pensato due volte a chiamare i soccorsi.
Il “salvataggio”
Sul posto sono arrivati i carabinieri di via Alberoni assieme ai vigili del fuoco. L’uomo, italiano, trovato nel divano in un salotto con numerose bottiglie di birra consumate, ha lamentato di essere rimasto bloccato in casa manifestando anche un qualche malessere per il quale è stato allertato anche il personale medico. Ha anche specificato di aver provato più volte di chiamare al cellulare sia la moglie che la figlia prima di rivolgersi alle forze dell’ordine. È stato per questo motivo che i militari hanno dovuto procedere per sequestro di persona, aggravato dal fatto di averlo commesso nei confronti del coniuge. Un reato di questo tipo prevede pene severe. Si va da uno a dieci anni di reclusione. Per questo la strategia difensiva (per la donna l’avvocato Giorgio Vantaggiato) puntava all’accordo con il vice procuratore onorario Katia Ravaglioili, a derubricare il reato in violenza privata. Un tentativo che però non ha fatto breccia, lasciando come unica altra possibilità il patteggiamento.