Quella volta che Lolli incantò il teatro. «Era il 1976, e fu un tripudio»
Il ritardo allo spettacolo
«Invitammo allora lo stesso Guccini (il musico fallito) – racconta Massimo -, Claudio Lolli (il pio), Giaime Pintor (il teorete), Riccardo Bertoncelli (sé stesso) e Gianni Borgna (il prete). Quest’ultimo sacerdote non lo era, bensì un intellettuale comunista, ma si mostrò autoironico e stette al gioco. Il teatro si riempì di centinaia di giovani, che seguirono con attenzione l’inconsueto spettacolo. Iniziammo che ancora mancava il pio, e Guccini ironizzava dicendo di cominciare, che altrimenti si passava la sera aspettando Godot. Bertoncelli di Gong e Pintor di Muzak incantarono il pubblico – continua Buda -, ma Lolli rubò letteralmente la scena, sbucando dal fondale del palcoscenico e sedendosi tra gli applausi. Imperturbabile come un suo idolo (Buster Keaton), spiegò il ritardo per aver presenziato nel pomeriggio a Bologna al dibattito sul libro Porci con le ali. Fu allora che sapemmo, proprio da lui, come gli Indiani metropolitani fossero venuti a contestare la cultura e la politica del Pci. Era il dicembre del 1976, ma nessuno capì che stava così per iniziare il Movimento del 77».
La manganellata a Bologna
«Pochi mesi più tardi, dopo che l’11 marzo era stato ucciso Francesco Lorusso – è il seguito -, vidi di nuovo Claudio Lolli in piazza Maggiore a Bologna. Ci salutammo, discutendo un po’ di quel dibattito cervese e soprattutto della gravità della situazione, ma una carica improvvisa della polizia ci investì nonostante stessimo solo parlando fra noi. A me non capitò nulla, un poliziotto invece diede un colpo di manganello a Lolli e corse oltre a picchiare altri. Claudio si passò la mano tra i capelli e verificò che non gli uscisse sangue, poi mi guardò con rabbia e rassegnazione, salutandomi infine».
“Ho visto anche degli zingari felici” resta, per il critico, il suo capolavoro, «ambientato proprio in quella piazza Maggiore che aveva protestato contro la Dc e la strage dell’Italicus». «Disoccupate le strade dai sogni è però l’album che preferisco - ammette -, e che rappresenta al meglio la Bologna del ‘77. Spero se ne possa fare una serata all’Abbey road della Malva, durante gli appuntamenti che il locale dedica ai grandi della musica».