Quella volta che Lolli incantò il teatro. «Era il 1976, e fu un tripudio»

Rimini

CERVIA. La morte del cantautore Claudio Lolli è stata accolta con dolore anche a Cervia, dove partecipò tanti anni fa ad un memorabile appuntamento. Era, quella del 1976, una grande stagione musicale in cui le note univano tanti giovani. A Ravenna si svolgeva la festa della Fgci, con giganti del jazz mondiale come Don Cherry e Cecil Taylor. I mensili del tempo, del calibro di “Muzak” e "Gong", sottolineavano questo fenomeno con accenti culturali e sociali. Fu così che Massimo Buda, allora agli inizi della sua carriera di critico musicale, pensò di promuovere un avvenimento musicale anche nel teatro cervese. Prese come riferimento “L’avvelenata” di Francesco Guccini, la quale recita: "Tanto ci saran sempre, lo sapete, un musico fallito, un pio, un teorete, un Bertoncelli o un prete, a sparare cazzate”.

Il ritardo allo spettacolo

«Invitammo allora lo stesso Guccini (il musico fallito) – racconta Massimo -, Claudio Lolli (il pio), Giaime Pintor (il teorete), Riccardo Bertoncelli (sé stesso) e Gianni Borgna (il prete). Quest’ultimo sacerdote non lo era, bensì un intellettuale comunista, ma si mostrò autoironico e stette al gioco. Il teatro si riempì di centinaia di giovani, che seguirono con attenzione l’inconsueto spettacolo. Iniziammo che ancora mancava il pio, e Guccini ironizzava dicendo di cominciare, che altrimenti si passava la sera aspettando Godot. Bertoncelli di Gong e Pintor di Muzak incantarono il pubblico – continua Buda -, ma Lolli rubò letteralmente la scena, sbucando dal fondale del palcoscenico e sedendosi tra gli applausi. Imperturbabile come un suo idolo (Buster Keaton), spiegò il ritardo per aver presenziato nel pomeriggio a Bologna al dibattito sul libro Porci con le ali. Fu allora che sapemmo, proprio da lui, come gli Indiani metropolitani fossero venuti a contestare la cultura e la politica del Pci. Era il dicembre del 1976, ma nessuno capì che stava così per iniziare il Movimento del 77».

La manganellata a Bologna

«Pochi mesi più tardi, dopo che l’11 marzo era stato ucciso Francesco Lorusso – è il seguito -, vidi di nuovo Claudio Lolli in piazza Maggiore a Bologna. Ci salutammo, discutendo un po’ di quel dibattito cervese e soprattutto della gravità della situazione, ma una carica improvvisa della polizia ci investì nonostante stessimo solo parlando fra noi. A me non capitò nulla, un poliziotto invece diede un colpo di manganello a Lolli e corse oltre a picchiare altri. Claudio si passò la mano tra i capelli e verificò che non gli uscisse sangue, poi mi guardò con rabbia e rassegnazione, salutandomi infine».

“Ho visto anche degli zingari felici” resta, per il critico, il suo capolavoro, «ambientato proprio in quella piazza Maggiore che aveva protestato contro la Dc e la strage dell’Italicus». «Disoccupate le strade dai sogni è però l’album che preferisco - ammette -, e che rappresenta al meglio la Bologna del ‘77. Spero se ne possa fare una serata all’Abbey road della Malva, durante gli appuntamenti che il locale dedica ai grandi della musica».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui