Sindacalisti nei campi agricoli a Ravenna contro lo sfruttamento. «Ma in alcune aziende siamo stati respinti»
Sopralluoghi fino a ottobre
«Il nostro obiettivo – spiega Raffaele Vicidomini, segretario provinciale della Flai Cgil – è l’ottenimento di una mappatura capillare del territorio per far emergere le situazioni di sfruttamento nel settore del lavoro agricolo. Per questo dal 26 luglio è stata avviata la campagna “Ancora in campo” che si protrarrà fino all’autunno inoltrato». Con questa campagna la Flai – in prima linea su questo versante e al fianco di questi lavoratori che spesso sono invisibili anche per le statistiche – punta a denunciare cosa avviene nelle campagne e a informare i lavoratori impegnati nella raccolta di prodotti ortofrutticoli e quelli occupati negli allevamenti in merito a diritti, rispetto dei contratti e dei salari e le nuove opportunità offerte dalla legge contro sfruttamento e caporalato. Da qui la creazione di squadre che si recano direttamente tra terreni agricoli coltivati e alberi da frutto.
Situazioni a rischio
«In questo modo avviciniamo tantissimi lavoratori – spiega Vicidomini – che per problemi di natura logistica o per paura non riescono a mettersi in contatto con noi. Così è possibile diventare per loro un punto di riferimento per dare informazioni, risposte su contratti, rinnovo del permesso di soggiorno, infortuni e malattie professionali, sostegno anche in caso di lavoratori che vogliano denunciare irregolarità e sfruttamento. La fotografia per ora emersa conferma le analisi che da tempo abbiamo denunciato. Infatti, tra le aziende distribuite tra il comune di Conselice e quello di Massa Lombarda visitate nella prima giornata, alcune hanno accettato serenamente di farci incontrare i lavoratori che hanno confermato di percepire retribuzioni e trattamenti coerenti con quanto previsto dal contratto nazionale e da quello provinciale, mentre altre aziende lo hanno fatto con più diffidenza. E gli sguardi imbarazzati dei loro operai mentre apprendevano quale fosse la retribuzione corretta e quali i loro diritti, erano più eloquenti di ogni altra considerazione. Ma la conferma che anche le nostre campagne non sono esenti dal lavoro irregolare e dallo sfruttamento, la si è trovata nell’arroganza, negli insulti e nelle più o meno velate minacce che alcuni imprenditori ci hanno riservato e con le quali ci hanno respinto. Dietro la loro sproporzionata reazione, resta il dubbio che si nascondano le ragioni che oltre a portare allo sfruttamento dei lavoratori determinano quella concorrenza sleale attraverso il dumping contrattuale e l’evasione fiscale che danneggia le aziende virtuose del territorio. Su questi comportamenti si deve intervenire, altro che reintrodurre i voucher».