Bancario arrestato per mafia. Il giudice conferma il licenziamento

RAVENNA. Nulla da fare per Domenico Sangiorgi. Il giudice del lavoro Dario Bernardi ha rigettato il ricorso dell’ex direttore di banca della Cassa di Ravenna, che nei mesi scorsi aveva impugnato il licenziamento. La risposta alla sua richiesta ora è arrivata, ed è netta. L’uomo è stato lasciato a casa dall’istituto di credito un anno fa, dopo essere stato travolto da un’inchiesta giudiziaria della Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Le accuse e le contestazioni mosse nei confronti del 58enne, oltre alla sua presunta condotta lavorativa, sono state motivo sufficiente per il licenziamento in tronco. Una decisione che Sangiorgi, tutelato dall’avvocato Carlo Zoli, aveva impugnato. Ma ora dovrà pagare anche le spese processuali.

L’inchiesta

I guai per il 58enne, direttore di una filiale bolognese all’epoca dei fatti, sono iniziati esattamente un anno fa, quando la Dda chiude una complessa indagine sui presunti metodi di finanziamento mafiosi e in pochissimi giorni esegue 16 arresti. In totale nell’inchiesta sono 57 gli indagati, tra cui diversi esponenti dei clan della camorra. Come i Millaro, i Di Lauro, gli Scissionisti, i Puca, gli Aversano, i Verde e i Perfetto. Personaggi attivi in diverse zone d’Italia, tra cui anche l’Emilia Romagna, dove è stato tratto in arresto anche Sangiorgi. All’interno della compagine criminale, il compito del direttore di banca sarebbe stato quello di gestire parte del denaro. In particolare i soldi del boss del clan Puca di Sant’Antimo di Napoli, Pasquale Puca detto ‘O Minorenne’. Per il capofamiglia, Sangiorgi grazie alla sua qualifica sarebbe riuscito a ottenere mutui e finanziamenti in favore di società che, senza il suo aiuto, non avrebbero ricevuto nemmeno una lira. E questo sarebbe staro reso possibile tramite la creazione e conseguente presentazione di documenti fasulli a sostegno delle richieste.

Informatore

Il secondo ruolo del 58enne, sempre secondo le indagini, sarebbe stato invece quello di informatore. Grazie al suo ruolo di rilievo, l’ex direttore era infatti in grado di sapere, prima di altri, di possibili indagini aperte dalle forze dell’ordine. Riuscendo così a informare in anteprima i suoi interlocutori presunti criminali. Le condotte di Sangiorgi devono chiaramente ancora essere appurate da un giudice, ma quanto emerso dall’inchiesta è stato motivo sufficiente per la sua ex banca, tutelata nella causa di lavoro dall’avvocato Nicola Ghezzi, per licenziarlo. Se non altro per motivi di immagine e per fugare ogni dubbio sul proprio operato.

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