I medici: a Faenza e Lugo non ci sono i requisiti per parti in sicurezza

Faenza

RAVENNA. A madre e bambino deve essere garantita la migliore assistenza possibile durante il parto, in sicurezza e con la massima professionalità. Gli ordini dei medici di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini hanno promosso a tal proposito il manifesto “5 punti per una nascita sicura” al quale hanno aderito la Federazione Italiana Medici Pediatri (Fimp) Emilia Romagna, Confederazione Italiana Pediatri (Cipe) Emilia Romagna. Cinque proposte che indicano, tra l’altro, la necessità di fare in modo che le donne partoriscano in strutture idonee con i requisiti di appropriatezza, sicurezza e qualità indicati dalla ricerca scientifica e definiti da un accordo firmato da Stato e Regioni nel 2010. Accordo che prevedeva la riorganizzazione dei punti nascita fissando il numero di almeno mille parti all’anno come parametro standard a cui tendere nel triennio per il mantenimento dei punti nascita. Requisito che nel Ravennate gli ospedali di Faenza e Lugo non hanno, nonostante proprio pochi giorni fa ne sia stato annunciato il mantenimento dall’Ausl Romagna.

Il manifesto è stato presentato ieri mattina dal presidente dell’Ordine dei medici di Ravenna Stefano Falcinelli, da Gina Ancora (direttore Terapia intensiva neonatale di Rimini) e dai medici Leonardo Loroni (già direttore Pediatria Ravenna); Alberto Marsciani (pediatra ospedaliero di Rimini) e Ugo Ceroni (pediatra di famiglia di Ravenna). «La sicurezza delle cure in ambito ostetrico è un percorso che va garantito alle famiglie - Non devono esistere altri criteri se non la sicurezza e la qualità delle cure. Il manifesto scaturisce dalle posizioni scientifiche relativamente al percorso nascita».

Aspetto che sottolinea anche Leonardo Loroni: «Noi ci basiamo su dati scientifici, l’obiettivo è garantire sicurezza e qualità al bambino e alla madre indirizzando le famiglie nei centri più adeguati, dotati di equipe preparate e con competenze specifiche». I casi di Faenza e Lugo sono quindi esclusi dalle strutture “sicure”. «Non bastano 500 parti all’anno, ma almeno mille per poter garantire la necessaria professionalità. Il cambiamento deve essere graduale, ma è sancito da un accordo tra Stato e Regioni che risale a otto anni fa. Noi medici non sempre condividiamo le scelte della politica e per etica professionale dobbiamo garantire l’assistenza migliore». Gli ospedali di Faenza e Lugo inoltre non sono dotati della terapia intensiva neonatale per gestire le gravidanze a rischio. «Gran parte del futuro del bambino si gioca nel primo minuto dalla nascita, possono verificarsi casi di asfissia che può essere contrastata da una rianimazione rapida ed efficace in grado di ridurre morte e paralisi cerebrale a distanza».

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