Tassa di soggiorno, caccia agli evasori. Una struttura su dieci non paga
Poche righe, ma che non lasciano spazio a dubbi. Aprendo di fatto le porte a quella che potrebbe essere una dura lotta contro gli evasori. «Dagli albergatori abbiamo più volte avuto segnalazioni di concorrenza sleale – ammette l’assessore al turismo Giacomo Costantini – e in questo senso vogliamo cercare di tutelare quelli che lavorano bene».
Due i problemi
Quando si parla di imposta di soggiorno, le tematiche critiche da trattare sarebbero in realtà due. La prima è proprio quella dell’evasione. Ossia di tutta quella fetta di persone che, pur ospitando turisti, decidono di non dichiararli. Un problema di sommerso che rischia di scoperchiare un vaso di Pandora. In particolare legato all’ormai noto portale AirBnb (che permette a privati di ospitare persone per uno a o più notti in casa propria), da sempre nel mirino degli albergatori per via della concorrenza per così dire sleale. Ma scavando, la sensazione, è che si possa arrivare a scoprire la presenza anche di bed and breakfast non dichiarati, che vivono di fatto sul passa parola. E dove l’evasione non si limiterebbe quindi alla sola tassa di soggiorno.
La seconda problematica riguarda invece le mancate riscossioni. Si tratta di tutte quelle realtà alberghiere che, pur dichiarando le presenze, non pagano una parte dell’imposta. Per lo più per problemi di natura economica. Guardando il bilancio 2017 del Comune si vede come l’anno scorso la tassa di soggiorno accertata sia stata pari a 1,8 milioni, ma quella effettivamente incassata solo 1.650.000. Quasi il dieci per cento delle strutture è quindi in ritardo coi pagamenti.