Stalking, botte e minacce in famiglia Fratelli e genero a processo

Ravenna

RAVENNA. Stesso palazzo, tre fratelli, una sorella, mogli e mariti, e praticamente un’intera famiglia finita a processo per stalking nei confronti di uno dei quattro e della compagna, in un’escalation di episodi culminati - secondo l’accusa - in una vera e propria aggressione che hanno portato anche all’accusa di lesioni personali aggravate. A rovinare l’armonia familiare, sarebbe stato l’arrivo di uno dei fratelli assieme alla compagna. Una presenza che fin da subito, pare, ha suscitato l’ostilità degli altri condomini. Lo ha raccontato ieri davanti al giudice Andrea Chibelli la moglie dell’uomo, vessata a sua volta da dispetti di varia natura, fino a insulti e minacce di morte.

La testimonianza in aula

La corposa lista di episodi ha portato alla sbarra due dei quattro fratelli e il marito della sorella (difesi dagli avvocati Silvia Brandolini e Giampiero Ghini), tutti “alleati” per cacciare il parente malvoluto e la compagna. La testimonianza della donna, che si è costituita parte civile con l’avvocato Alessandro Mancuso, è stata preceduta da quella della psicoterapeuta che a partire da fine febbraio 2015 ha notato nella paziente uno stress riconducibile ai traumi subiti tra il condominio e il cortile.

«Non riusciamo a spiegarci il motivo di tutta quella ostilità, - ha raccontato la vittima in aula rispondendo alle domande del vice procuratore onorario Marianna Piccoli -. Mio marito chiese alla sorella e a uno dei fratelli di liberare uno spazio di casa, e da quel momento in poi degenerò tutto». Li definisce «un disco continuo di insulti». «Mi davano della tossica, dicevano che ero marcia, a volte ho trovato uno dei fratelli che si era introdotto dentro casa nostra e si era messo a dormire nel divano». La serie di dispetti, tipo parcheggiare le auto sopra i tombini dei contatori dell’acqua, si sommano a discussioni a un palmo dal naso («sentivo gli sputi da quanto uno di loro mi urlava addosso»).

La minaccia di morte

Solo uno l’episodio violento. «Un giorno mio marito mi chiamò. Mi disse che suo cognato l’aveva colpito con due pugni». Raccontando gli altri episodi di violenza la donna mima con il pollice il taglio della gola, uno dei gesti visti fare più volte nei suoi confronti da uno degli imputati, pure davanti ai carabinieri. «Ero terrorizzata - continua - mi chiudevo in casa e quando dovevo uscire correvo in auto. Una versione che la donna ha raccontato nell’ansia, e sulla quale, a novembre, i tre imputati dovranno dare spiegazioni in una sorta di riunione di famiglia, ma in un salotto tutt’altro che domestico. FED.S.

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