Ragazzo lasciato morire in auto: gli amici escono dal carcere

RAVENNA. Gli amici di Matteo Ballardini escono dal carcere. Ieri pomeriggio il tribunale dei riesame ha accettato le quattro richieste avanzate dai legali di Beatrice Marani, Leonardo Morara, Simone Giovanni Palombo e Ayoub Kobaby, i giovani che la notte in cui il “Balla” morì si trovavano insieme a lui. Quattro ragazzi sulle cui teste da oltre un anno si è abbattuta un’accusa gravissima, quella per omicidio volontario pluriaggravato dell’amico, lasciato morire nella notte del 12 aprile del 2017 dopo una serata a base di droga e alcol. Il mese scorso i giovani, al termine delle indagini, sono finiti tutti in manette e per loro, nonostante la giovanissima età, si sono aperte le porte del carcere.

Gli avvocati si sono messi subito al lavoro per chiedere che i quattro venissero scarcerati, ma in prima istanza le misure alternative alla detenzione erano state negate. Subito è partito il ricorso al tribunale del riesame di Bologna, che ieri mattina ha invece accolto le richieste degli avvocati Fabrizio Capucci, Pierluigi Barone, Raffaele Coletta e Nicola Laghi. In particolare a Beatrice Marani, la cui posizione al momento sembrerebbe essere la più grave tra le quattro, sono stati concessi gli arresti domiciliari in una comunità di Forlì. La stessa dove un anno fa la ragazza, poco dopo la morte di Ballardini, aveva deciso di andare per iniziare un percorso di disintossicazione. «Una decisione – commenta il suo avvocato, Capucci – grazie alla quale la ragazza potrà riprendere il suo percorso di cura». Gli arresti domiciliari a casa, con permesso di andare a lavorare, sono stati concessi anche a Leonardo Morara. Mentre Simone Giovanni Palombo e Ayoub Kobaby sono stati rimessi in libertà, vista la posizione ritenuta meno grave.

A rendere ancor più drammatica l’intera vicenda negli ultimi mesi si sono aggiunti anche alcuni episodi poco chiari che hanno visto i legali degli indagati vittime di danneggiamenti e minacce. Alcuni dei legali hanno infatti ricevuto diverse ritorsioni, tra cui auto bruciate, telefonate minatorie, ruote delle vetture tagliate. Gravi episodi, che hanno portato la Procura di Ravenna ad aprire un’indagine parallela a quella della morte del 19enne Matteo Ballardini. Un’indagine per ora ancora aperta contro ignoti.

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