Licenziato dopo la lite sul lavoro: il giudice lo scagiona e lo reintegra

RAVENNA. Erano stati licenziati “per giusta causa” perché secondo l’azienda si erano azzuffati sul luogo di lavoro. Ieri uno dei due operai della Marcegaglia, un ragazzo di 31 anni, ha vinto il ricorso contro il provvedimento disciplinare preso il 4 ottobre nei suoi confronti. Il giudice del lavoro Dario Bernardi ha disposto l’immediato reintegro, condannando l’azienda al pagamento degli stipendi e dei contributi dal giorno del licenziamento.

Il video della lotta

Erano le 5 di mattina del 20 settembre quando il ragazzo si era ritrovato coinvolto nella baruffa. Il tutto era stato filmato da una telecamera di sorveglianza posta tra il parcheggio e la postazione. Ed è proprio analizzando le immagini che il lavoratore, tramite l’avvocato Federica Moschini, ha redatto il ricorso. Il video mostrava il lavoratore inseguito da un’altra persona evidentemente nascosta dietro una vettura, per poi essere colpito. Una scena durata oltre 20 secondi tra rincorse e percosse.

Le botte col casco

Il giudice ha messo in discussione anche alcuni aspetti emersi nella lettera di licenziamento dell’azienda (tutelata dagli avvocati Giuseppe Bologna e Paolo Tagliaferri Gentileschi di Milano, e Mauro Cellarosi di Ravenna). Il dipendente era stato accusato di avere partecipato attivamente alla colluttazione servendosi “del proprio casco”. Secondo il magistrato però in nessuna delle immagini si vedeva l’elmetto utilizzato per sferrare colpi. Il casco era stato visto volare, rileva il giudice, «gettato, strappato, perduto, sia accidentalmente che volontariamente, anche nel tentativo di alleggerirsi per meglio difendersi». Insomma, quella nel filmato aveva tutta l’aria di essere «un’aggressione unilaterale». La sera stessa il lavoratore si era rifugiato in portineria, da dove aveva chiamato i carabinieri e l’ambulanza. I giorni successivi si era poi messo in malattia, al contrario dell’avversario. Era stato quest’ultimo a contattarlo dopo circa una settimana, proponendogli soldi per chiudere la vicenda ed evitare il licenziamento.

Il tirapugni nascosto nei guanti

L’aggressore era andato comunque a lavorare, salvo poi presentare una contro denuncia, raccontando una versione ritenuta dal giudice «incompatibile» con le registrazioni video. Aveva confermato di indossare semplici guanti da lavoro durante lo scontro. Una circostanza singolare, dato che si trovava nel parcheggio dell’azienda oltre mezzora prima dell’inizio del turno di lavoro, a settembre. Forse un trucco (aveva riferito la vittima) per nascondere un tirapugni e mettere a segno l’agguato.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui