Suini contaminati con antibiotici: nei guai per 180mila chili di carne

RAVENNA. In quella carne suina messa in commercio il livello di antibiotici è risultato essere quattro volte superiore a quanto consentito per legge.

Non solo. Nei documenti inviati prima della macellazione, il farmaco non era nemmeno stato menzionato.

Così 180mila chili di carne destinata all’alimentazione umana e già distribuiti in tutta Italia e all’estero, sono stati tolti dal mercato e destinati alla distruzione. Ma soprattutto, sono finiti nei guai gli amministratori di un macello situato a Castiglione di Ravenna, il distributore, e i proprietari dell’allevamento imolese che aveva fornito il bestiame. E mentre nei confronti degli allevatori è stato aperto un procedimento da parte della procura di Bologna, ieri al tribunale di Ravenna si è aperto il processo per l’azienda ravennate.

Dosaggio superato di 4 volte

La genesi di come quelle anomalie sono state scoperte dal servizio sanitario di Ravenna, è stata ripercorsa da Paolo Ghinassi, responsabile di Medicina veterinaria dell’Ausl, primo teste chiamato dal vice procuratore ordinario Pietro Plachesi a deporre davanti al giudice Federica Lipovscek. A fare emergere la presenza di un antibiotico era stato un controllo a campione su uno specifico taglio di capi macellati, sulla base di un’estrazione a sorte. Così, a sorpresa, gli ispettori si erano presentati il 29 luglio 2015 nel macello di Castiglione di Ravenna.

Le analisi, ripetute su più campioni raccolti, avevano fatto emergere un’evidenza allarmante: a fronte di un limite massimo consentito di 100 mg per poter essere consumata dall’uomo, la carne presentava un dosaggio di 400 mg. Le indagini si sono fatte meticolose. È emerso che nella bolla di accompagnamento - il documento che per legge deve viaggiare con gli animali destinati al macello - veniva menzionata un’altra tipologia di antibiotico, di cui però le analisi non hanno trovato traccia.

Carne ritirata dal mercato

Per il difensore dello stabilimento ravennate e del distributore, Gaetano Forte, gli amministratori si sono attivati subito per ritirare la merce dal mercato, che era stata in parte consegnata in tutta Italia e all’estero, «subendo un danno economico enorme». Ha ribadito anche che la somministrazione del farmaco era stata fatta dall’allevamento imolese, poi finito oggetto di un altro procedimento penale al tribunale del capoluogo felsineo. È per dimostrare la correttezza della filiera di controlli interna che nelle prossime udienze sono stati a testimoniare il veterinario interno interno che gestisce l’approvvigionamento degli animali, e l’incaricato dei controlli analitici e la presenza di farmaci veterinari nel prodotto macellato prima della vendita.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui