Morì con la moto sull’asfalto deteriorato: assolto il capo della ditta di manutenzione

Rimini

RAVENNA. Sotto accusa era finito lo stato delle strade per la presenza di un avvallamento in prossimità del quale il motociclista perse il controllo del mezzo. E di conseguenza a processo era finito l’allora responsabile della società che si occupava della manutenzione delle strade comunali (citata come responsabile civile e rappresentata dall’avvocato Ciriaco Rossi di Bologna). L’accusa nei confronti del legale rappresentante dell’azienda, assistito dall’avvocato Ermanno Cicognani, era quella di omicidio colposo per aver indirettamente provocato l’incidente stradale costato la vita nel maggio del 2015 al 44enne Andrea Strani. Contestazione caduta ieri di fronte al giudice Corrado Schiaretti, che ha assolto l’imputato «perché il fatto non sussiste»; il vice procuratore onorario Marianna Piccoli aveva chiesto otto mesi di pena.

La difesa

In attesa delle motivazioni, che saranno rese note entro 90 giorni, è lecito ipotizzare che sia stata accolta la tesi difensiva secondo la quale non ci sarebbe stata una connessione tra l’avvallamento e la sciagura. Considerazione che ha fatto leva sulle conclusioni del consulente di parte e basata sulla dimensione della depressione dell’asfalto, «5 centimetri su una superficie di 6 metri quadrati», ritenuta troppo modesta per provocare la perdita di aderenza, tanto più che nella sua arringa l’avvocato Cicognani ha posto l’accento sul fatto che per la difesa la moto non avrebbe neppure toccato l’avvallamento passando in un altro punto della carreggiata. Esclusa, sempre secondo la tesi difensiva, una manovra improvvisa del motociclista, «che non può aver visto la depressione dell’asfalto per via della direzione di marcia e della presenza di un’auto che lo precedeva».

L’accusa

Ha invece ravvisato una diretta correlazione tra l’asfalto deteriorato e l’incidente non solo la pubblica accusa ma anche i legali di parte civile, gli avvocati Giovanni Proni, che assiste il padre del centauro scomparso, e Paolo Vecchi, che tutela le sorelle della vittima. Convinzione legata non solo dalla testimonianza di un altro automobilista che alla Polizia municipale disse di aver visto la moto «sobbalzare» e che sentito in aula precisò quel movimento descrivendo di aver notato «la ruota posteriore della moto alzarsi». Particolare che aveva fatto ipotizzare che la ruota anteriore potesse essere finita in una buca.

Manutenzione nel mirino

Una dinamica controversa che ha diviso anche i consulenti di Procura, parti civili, responsabile civile e difesa chiamati a dare una spiegazione tecnica all’accaduto. Il giorno in cui il motociclista di Sant’Alberto perse la vita l’asfalto era bagnato dalla pioggia, ma nel mirino lo stato del fondo, risultato se non deteriorato nemmeno perfetto. O almeno questo è quello che è stato fatto rilevare dalle parti civili che hanno sottolineato come dall’inizio dell’anno furono eseguiti su quel tratto di strada (lo stesso in cui in precedenza aveva perso la vita un 46enne di Russi) almeno quattro interventi di manutenzione provvisoria, l’ultimo appena un mese prima proprio in prossimità del punto dell’incidente.

Al di là degli aspetti tecnici, purtroppo, in quella tragedia incise anche il destino. Probabilmente la caduta in sé per sé non avrebbe avuto particolari conseguenze; ma la sfortuna ha voluto che nel perdere il controllo il centauro sia finito oltre la linea bianca proprio nel momento in cui stava transitando un furgone.

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