Gli esami si fanno al mare: studenti a Rovigno e in Sardegna

Ravenna

RAVENNA. Pensando ai giorni precedenti ad un esame universitario ognuno si figura ore di “studio matto e disperatissimo” sui libri. C’è chi invece, per prepararsi, appronta una maschera da snorkeling o infila panni e costume da bagno nello zaino. La valutazione finale, però, non è meno scontata. E il bagaglio di conoscenze non è meno importante.

È ciò che accadrà a giugno e a settembre, e che da anni si ripete grazie al contributo di Fondazione Flaminia, per gli studenti rispettivamente di Biologia marina e Analisi e gestione dell’Ambiente, entrambe con sede in via Sant’Alberto. Le due lauree magistrali infatti prevedono un esame all’interno del curriculum del primo anno che riassume con una prova pratica ciò che lo studente ha acquisito, in termini teorici o di approfondimento in laboratorio, durante l’anno accademico.

Full immersion a Rovigno

Gli studenti di Biologia marina, fra l’11 e il 15 giugno, andranno a Rovigno: «Sorge lì una delle stazioni di biologia marina fra le più antiche d’Europa, risale all’Ottocento – spiega Rossella Pistocchi, coordinatrice del corso –. L’esame comprende tre tipi di campionamenti assimilabili ad un’attività di ricerca, inerenti i popolamenti bentonici su transetti preordinati, il rilievo della fauna marina, le interazioni fra micro e macro alghe. In base a quanto approfondita è l’elaborazione dei dati, quanto è stata prodotta in maniera autonoma si determina il voto finale».

Un’attività questa che fra un mese coinvolgerà fra i dieci e i dodici studenti che dovranno passare obbligatoriamente questo esame.

La “coda” dell’esame ha anche un’attività analitica che si tiene al Cirsa, nei laboratori ravennati dell’Unibo, «ma la particolarità dell’esame cambia radicalmente il clima all’interno della classe del corso – conclude Pistocchi –, modifica la percezione di ciò che si era studiato, in tanti casi apre gli occhi allo studente sulla tesi che di lì ad alcuni mesi dovrà scrivere».

Nella Sardegna più selvaggia

Curioso come Emilia Chiapponi, che un’esperienza sul campo l’ha fatta in Sardegna nella zona fra Casargiu e Piscinas, pur riferendosi ad un altro ambito utilizzi lo stesso registro. Lei è stata nella zona sudorientale “dell’Isuledda” per sei giorni, assieme a 21 colleghi, al professor Enrico Dinelli e ad altri tre insegnanti, per conseguire un’idoneità necessaria a completare il curriculum in Analisi e gestione dell’Ambiente.

Ora sta preparando la tesi che è nata proprio dopo quell’esperienza: «Certo, mi sono appassionata ai riflessi geochimici e ai rilievi Q-Gis rintracciabili nell’analisi del corso di un fiume – spiega –. Ma a casa mi sono portata le serate di vita comunitaria fra studenti a Montevecchio, nelle camerate da otto, sotto un cielo meraviglioso e i bramiti dei cervi che ci circondavano, nel mezzo della macchia mediterranea della Sardegna più selvaggia».

Un’esperienza che dal 2009 hanno vissuto ormai decine di studenti: «Il prossimo settembre ne porteremo una quarantina – spiega Dinelli –. Il lavoro in situ su una realtà oggi scarsissimamente antropizzata ed in passato base di estrazione mineraria è utilissimo nel portare a concretezza ciò che i nostri ragazzi studiano tutto l’anno. Ma è anche uno strumento formidabile per fornire loro conoscenze trasversali, che spesso segnano in maniera caratterizzante la loro esperienza di studio e di vita».

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