La scienza al servizio dell’arte per “far parlare” i beni culturali

Ravenna

RAVENNA. Se fossero una forza di polizia, sarebbero probabilmente la “Scientifica”. Non porteranno loro il lavoro fino in fondo, ma daranno elementi di indagine fondamentali e imprescindibili per il buon esito finale.

Analisi a tutto campo

In via Guaccimanni a Ravenna, sede del corso magistrale in Scienze per la Conservazione (Score, Science for conservation, restoration of cultural heritage) è questo che accade. E per giungere a tale risultato sanno attirare giovani menti brillanti da tutto il mondo: «Li formiamo su ogni genere di tecnica analitica, svincolandoli da specificità materiche. Imparando a utilizzare le attrezzature che qui ospitiamo e le tecniche che impartiamo loro, potranno cavarsela su qualsiasi bene culturale. E non solo, a dire il vero». Attrezzature spesso co-finanziate da Fondazione Flaminia.

Sorprese in Corea

Quando incontriamo Rocco Mazzeo, il fondatore del corso, è assieme al suo collaboratore Emilio Catelli e a una laureanda che proviene da Mosca, Irina. Stanno compiendo delle analisi elementali ai raggi X su frammenti non proprio di comunissimo reperimento. «Vengono dalla Corea del Nord, in un raggio di 100 km da Pyongyang, dove sorgono varie tombe di dinastia Kogurjio, così simili alle nostre etrusche del IV-V secolo a.C.».

Mazzeo è stato in Corea del Nord in molteplici occasioni, come rappresentante scelto dell’Unesco: «In queste tombe sono stati ritrovati pigmenti simili a quelli di un affresco. Una tecnica pittorica che pensavamo prettamente Occidentale. Con l’utilizzo dell’XRF ora possiamo rilevare la presenza di colle, tipiche invece della tecnica a secco».

Tecniche sperimentali

La tesi che Irina discuterà per la propria laurea, quindi, servirà a trovare ulteriori elementi (o ad avanzare smentite) rispetto a questo inaspettato “link” fra la cultura orientale ed occidentale: «Verrà utilizzata una tecnica che sfrutta la chemiluminescenza, fino al 2006 inutilizzata in questo campo. Ma noi sapevamo che il professor Enrico Roda, sempre dell’università di Bologna, le utilizzava in campo biomedico. Quindi qui a Ravenna ci siamo chiesti, perché non riadattarle sui beni culturali?».

Riferimento mondiale

Contaminazioni interdisciplinari che, ci spiega la presidentessa del corso, Silvia Prati (forlivese, con un curriculum pregno di esperienza accademica squisitamente ravennate) sono all’ordine del giorno: «Con il laboratorio di analisi Tac, coordinato da Maria Pia Morigi, siamo diventati un punto di riferimento di livello mondiale. Un test importante è stato quello sui globi del Coronelli. Difficilissimo valutare il livello di conservazione di una superfice curva, invece noi siamo riusciti a ispezionarne ogni sezione».

Figure celate nei dipinti

Tecniche che talvolta donano sorprese insospettabili: «Ricordo ancora – sorride la Prati – lo stupore sortito quando riuscimmo a donare elementi interessanti per l’analisi di un dipinto su tavola lignea ospitato al Mar, su cui si compiva un complicato esercizio attributivo, in sospeso fra Rondinelli e Carrari. Agli studiosi siamo riusciti a riferire come in uno strato inferiore a quello in cui si vedeva dipinta la Madonna con i santi Caterina e Sebastiano ci fosse anche un San Rocco. E in uno strato ancora inferiore un ulteriore San Rocco e un ulteriore San Sebastiano». Mazzeo annuisce «fu probabilmente il più bel caso di collaborazione fra chimica e fisica testato qui».

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