I gioielli nascosti di Sant'Apollinare salvati dalle giovani restauratrici

Ravenna

RAVENNA. Attraversando la navata gremita di turisti si giunge a una cappella periferica, invisibile a ravennati da lungo tempo. Lì c’è un ponteggio, nel quale si inerpicano sei ragazze con un camice bianco. Ad attenderle, di fronte ad un affresco pesantemente compromesso dall’umidità, c’è Valeria Chioma. Valeria frequenta il quinto anno di Conservazione e restauro dei beni culturali e, visto che in mattinata deve compiere dei rilievi termo-idrometrici, la coordinatrice del corso, Mariangela Vandini, ne ha approfittato per portarle delle studentesse degli anni precedenti in modo che lei potesse descriver loro la sua tesi.

Perché la tesi di laurea di Valeria è il restauro dell’affresco sulla vita di Sant’Apollinare di Pietro Bacchi da Bagnara, pittore cinquecentesco formatosi a Imola. Valeria invece è di Imola e si sta formando a Ravenna. Sarà soprattutto lei ad occuparsi del recupero del dipinto nella cappella delle Reliquie di Sant’Apollinare Nuovo.

Con ogni probabilità l’affresco, sotto il quale infiorescenze e umidità staccano la parte dipinta dal muro su cui poggia, dovrà essere rimosso e recuperato altrove per poi essere ricollocato: «Attraverso ricerche documentali abbiamo scoperto l’autore – racconta la studentessa dell’Unibo -. La tecnica utilizzata è stata quella di un abbozzo compiuto a fresco, con le correzioni poi aggiunte a secco».

Interventi lunghi due anni

Nel frattempo sono stati compiuti saggi stratigrafici, in modo da capire se nella parete speculare a quella del dipinto non vi fossero altri affreschi, ma così non sarebbe. Infine sono stati rilevati "vuoti" sottostanti anche alla volta a sesto acuto, istoriata con motivi vegetali. Motivo per cui una seconda tesi si occuperà di stabilire un intervento di consolidamento successivo. Mara Di Gennaro invece, di Teramo ma ormai ravennate adottata, si occuperà della pulitura dei paramenti murari e dei materiali lapidei sottostanti l’affresco. Anche lei, come Valeria, dovrebbe laurearsi verso la fine dell’anno. Il complesso dell’intervento dovrebbe invece impiegare due anni di lavoro.

L’opportunità nasce da un accordo fra Diocesi e università “benedetto”, com’è comprensibile, da don Lorenzo Rossini: «Si tratta di un primo passo di una collaborazione – spiega il responsabile per i beni culturali l’Opera di religione della Curia - che ci auguriamo prolifica e che rappresenta per noi una bella possibilità di recuperare un’opera sulla vita del primo vescovo di Ravenna». «Contemporaneamente - esplicita Mariangela Vandini - dà modo agli allievi del corso di testarsi sul campo, nei tempi e nei modi propri di un percorso comunque formativo. Siamo in continua “caccia” di beni con valenza didattica per provare a chiudere un ciclo virtuoso – conclude la coordinatrice del corso -, quello che dà modo ai nostri studenti di esercitare le proprie competenze e allo stesso tempo può restituire qualcosa di importante al territorio dove ci troviamo ad operare».

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