Buche e incidenti. I giorni infernali dei ciclisti ravennati

RAVENNA. Fare “canestro” con la ruota significa buttare via come minimo qualche decina di euro, giusto il costo della camera d’aria. Quando va bene. Quando va male, invece, la cifra tocca diverse migliaia, due, tre, quattro, a seconda che a saltare sia il cerchio in carbonio, o peggio ancora il telaio. Nel peggiore dei casi, invece, si finisce dritti all’ospedale. Ragion per cui in questi giorni, in giro per le strade a groviera del Ravennate, si vedono solo gli inossidabili, quelli che proprio non riescono ad appendere la bici al chiodo. O i “folli” che montano la ruota da in carbonio da 3mila euro, una buca e tanti saluti. Mai come ora le insidie dell’asfalto hanno frenato i ciclisti, costretti a programmare le uscite in base alle condizioni delle strade, o a preferire mountain bike e percorsi in pineta o collina.

L’incidente in lungo il Montone

In strada il rischio di cadere o essere investiti è alto. Come accaduto nei giorni scorsi lungo il Montone, in via San Marco, dove un gruppo di amatori si è allargato per evitare una buca. In quel momento, da dietro, un’auto in fase di sorpasso ha colpito con lo specchietto uno dei ciclisti. Risultato, specchietto saltato per il veicolo, telaio rotto per lo sportivo, con tanto di lesione alla caviglia.

L’esperienza del decano

Sono insidie che Franco Giusti conosce a menadito. Lui, decano del ciclismo e presidente del Pedale ravennate, ha ormai sorpassato gli 80, è ancora attivo sulle due ruote e di chilometri nella sua vita ne ha macinati un bel po’. E la sintesi la fa parafrasando il romagnolo: «È un macello».

La casistica è lunga, e ci si potrebbe scrivere un manuale: «Le buche piene d’acqua - inizia Giusti -, ne è pieno lungo le strade per andare verso Forlì. Non si vedono e ci finisci dentro. Degli amici sono caduti a confini della provincia». Fare lo slalom non sempre è consigliabile, perché «quelli delle macchine non hanno molta pazienza, non capiscono che non è che stiamo in mezzo alla strada per caso, sorpassano e rischiano di travolgerti». Viene poi il catrame dei rattoppi di questi giorni, subito saltato al passaggio dei veicoli e accumulato a mucchietti sul ciglio della strada spesso pure crepato: «Abbiamo bici da 6 chili - continua Giusti -, noi ne pesiamo almeno 70, è un attimo finire per terra con la bici rotta». Infine ci sono le crepe verticali, «come in via Viazza (tra San Bartolo e Gambellara, ndr), la peggiore», capaci di “mangiarsi” la ruota e fare l’effetto catapulta con chi sta in sella.

Così in questo periodo i percorsi sono cambiati. «Evitiamo le strade principali, quelle più trafficate, ci muoviamo per le vie secondarie, verso San Pietro in Vincoli e San Zaccaria.

Meglio la pineta

Se tra le officine e i centri specializzati non ci sono molte richieste di riparazioni, è perché molti se ne stanno a casa. O piuttosto scelgono altre location per le escursioni.

«Abbiamo tutti la la mountain bike - continua Giusti -, in questi giorni molti vanno in pineta piuttosto. È una soluzione alternativa - ammette -, ma fino a un certo punto. In fondo, per tutti, la strada è un chiodo fisso».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui