Per le protesi riceveva 7 euro al grammo. «Avevo bisogno di soldi per la droga»

Faenza

FAENZA. Dai registri sono emersi una cinquantina di protesi consegnate nel negozio di via Fratti e 113 nel secondo oro cash sequestrato, quello di piazzale Sercognani. Conferimenti effettuati tra l’aprile del 2015 e il 16 febbraio scorso dai quali avrebbe incassato in media 7 euro al grammo (ogni protesi pesa un paio di grammi) e ammessi dal necroforo arrestato nei giorni scorsi dai carabinieri di Faenza; l’uomo, assistito dall’avvocato Pierluigi Barone, ha spiegato di essere stato mosso da questioni economiche in quanto assuntore di stupefacenti e ha ribadito di essere convinto di non aver fatto «nulla di riprovevole» sia sotto il profilo morale che giuridico in quanto i denti d’oro dei defunti sarebbero stati prelevati dal contenitore dei rifiuti speciali destinati alla ditta olandese incaricata dello smaltimento una volta che l’iter della cremazione era stato completato.

Il provvedimento

Di diverso avviso il gip Andrea Galanti che, dopo la convalida del provvedimento, ieri ha sciolto la riserva sulla misura disponendo i domiciliari a carico del 49enne dipendente della Azimut in servizio al forno crematorio manfredo, nei confronti del quale la procura aveva chiesto la custodia in carcere. Oltre alla censura sotto il profilo etico e ai dubbi sulla provenienza di un paio di anelli d’oro e di una fede cambiati in uno dei negozi (che il necroforo avrebbe detto essergli stati restituiti da una donna con cui aveva avuto una relazione al termine del rapporto), nella quindicina di pagine che motivano il provvedimento il giudice ha ritenuto condivisibile l’orientamento che ha spinto il sostituto procuratore Angela Scorza e il procuratore capo Alessandro Mancini a contestare al 49enne l’ipotesi di peculato. Per Galanti infatti l’arrestato «riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio in quanto l’attività di cremazione è un servizio di carattere pubblico».

Più che di sottrazione, per il gip si è trattato di appropriazione di protesi dentarie, ritenute identificabili però non come resti umani appartenenti al cadavere ma residui di proprietà della società che gestisce il servizio di cremazione; ad integrare la fattispecie di reato sarebbe quindi la distrazione da parte dell’incaricato di pubblico servizio che imprima agli oggetti in metallo prezioso una destinazione diversa dal recupero ai fini dello smaltimento.

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