Cagnoni torna a chiedere i domiciliari: "Sono ai piedi di Cristo. Ho attacchi di panico e voglio rivedere i figli"

Rimini

RAVENNA. «Signor presidente, chiedo clemenza e fiducia alla Corte per ottenere un alleggerimento della misura cautelare e gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Ne metterei anche quattro, ma non ce la faccio più». Mentre l’udienza si avvia alla fine Matteo Cagnoni chiede la parola per rilasciare una dichiarazione spontanea alla corte, tornando a chiedere di uscire dal carcere, richiesta che aveva avanzato anche poco prima di Natale. «So che non è passato molto tempo da quando l’ho chiesto, ma per il mio tempo interiore è come se fosse passato un anno. Vivo un profondo malessere che mi rende giorno dopo giorno la carcerazione insostenibile. Non la reggo più. Non riesco nemmeno a leggere le lettere che ricevo o a guardare le foto dei miei figli, che non vedo più da sedici mesi e che sono la mia unica ragione di vita. Mi sento l’ombra di me stesso, non ho né la forza né la voglia di uscire dalla cella e i pochi incontri che faccio sono sgradevoli perché la gente mi riporta notizie del processo, siano esse in buona fede o con una punta di indegnità, e ciò mi ha abbattuto profondamente. Mi sento ai piedi di Cristo, gli psichiatri del carcere che mi hanno visitato e quelli esterni hanno stimato numerosi attacchi di panico da stress indotti dalla carcerazione, non sto bene e ho paura che mi venga un tumore come già in altre repubbliche successe per questioni di sistema immunitario. Credo di aver sbagliato in passato in aula, ho chiesto scusa e lo richiedo. Oggi sono una persona in grado di contenere e dominare le proprie reazioni e le proprie tensioni che sono azzerate. Non ce l’ho con nessuno, desidero solo lottare a testa alta per dimostrare la mia innocenza. Quando è morta Giulia ero già a Firenze o ci stavo andando e ne sono più che convinto. Voglio andare a fondo e spero in un gesto umano da parte vostra». Un appello più che una richiesta, che il suo avvocato Giovanni Trombini ha perorato sostenendo che siano venute meno le ragioni per continuare a tenere il suo assistito in carcere. «Più ci si distanzia dall’evento e più si allontanano i rischi di fuga, inquinamento probatorio e reiterazione. I tempi interiori sono diversi dai nostri – ha ribadito – e le motivazioni ostative rispetto all’inizio si sono affievolite».

Contrario alla richiesta il sostituto procuratore Cristina D’Aniello per la quale permangono «le esigenze cautelari già delineate a dicembre. Con tutto il rispetto della condizione umana e di sofferenza dell’imputato, questa incompatibilità col regime carcerario non ci viene segnalata dalla direzione della casa circondariale, per cui dovremmo basarci solo sulle parole di chi fino a oggi ha mostrato di manipolare la realtà. E anche se la tematica dei figli può far presa, è però aliena da questo tribunale ma attiene a quello dei minori di Bologna». Ancor più netto il commento dell’avvocato Giovanni Scudellari che assiste i parenti della 39enne uccisa. «Giulia purtroppo è stata massacrata e ai piedi di Cristo c’è finita veramente». La Corte si è riservata la decisione.

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