Caso Poggiali, chiesto il rinvio a giudizio per l'ex primario e l'allora caposala

Lugo

RAVENNA. La Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per Giuseppe Re, il 68enne (assistito dagli avvocati Guido Magnisi e Roberto D’Errico) ex primario del reparto di Medicina dell’ospedale “Umberto I” di Lugo e per l’allora caposala, la 62enne Cinzia Castellani (difesa dagli avvocati Paola Brighi e Manuela Liverani). Richiesta motivata ieri mattina davanti al gup Antonella Guidomei in relazione al decesso di Rosa Calderoni, la 78enne di Russi che secondo l’accusa sarebbe stata uccisa dall’ex infermiera Daniela Poggiali con un’iniezione letale di potassio.

Le contestazioni

Mentre per la Poggiali, condannata in primo grado e assolta in appello, si attende ora la pronuncia della Cassazione (l’udienza, dopo il ricorso presentato dalla Procura Generale di Bologna, è già stata fissata a metà luglio), a primario e caposala –­indagati per omicidio volontario sulla base dell’articolo 40 capoverso del codice penale, ovvero per non aver impedito che si verificasse un evento, nel caso specifico la morte di una paziente, che si aveva l’obbligo di evitare, condotta omissiva che per la legge equivale a cagionare il reato – il procuratore capo Alessandro Mancini e il sostituto procuratore Angela Scorza hanno contestato il dolo eventuale.

Sotto questo profilo, nel corso della requisitoria che si è protratta per oltre un’ora, i magistrati hanno fatto riferimento alla pronuncia delle sezioni unite della Cassazione sul caso ThyssenKrupp che ha delineato il dolo eventuale fissandone i paletti.

Sulla scorta di quella decisione, l’ipotesi può essere contestata soltanto a chi abbia avuto piena consapevolezza delle conseguenze concrete del proprio comportamento e nonostante ciò abbia deciso di agire lo stesso. E ad avviso della Procura primario e caposala non si sarebbero attivati nonostante i sospetti e i campanelli di allarme.

Il riferimento è alle testimonianze ritenute univoche delle colleghe sui comportamenti anomali di Poggiali e al numero di decessi superiori alla norma quando era di turno la 45enne, segnalazioni di fronte alle quali la caposala avrebbe riposto infastidita («non mettetemi ansia»).

Ma anche alle autopsie interne eseguite nonostante fosse stato disposto di non svolgere ulteriori riscontri diagnostici e alle indagini parallele avviate anziché informare la Procura contestate al primario, accusato anche di aver mentito con l’anatomopatologo incaricato di eseguirle sulle reali motivazioni dell’accertamento.

Il calendario

Ad aprile il ritorno in aula, quando a parlare saranno le parti civili, i figli della vittima assistiti dagli avvocati Marco Martines e Maria Grazia Russo. Poi la parola passerà alle difese, prima della pronuncia che non è detto giunga dopo il verdetto della Cassazione come auspicato dai legali.

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