La pista della vendetta familiare dietro l'accoltellamento di Punta Marina

Rimini

RAVENNA. Potrebbe essere legato al kanun, la legge non scritta albanese che ammette la vendetta di sangue, l’accoltellamento avvenuto nella serata di domenica a Punta Marina. Una delle piste ritenute più accreditate dagli inquirenti è proprio quello della faida tra famiglie per vecchie ruggini. Rancori che, secondo il codice consuetudinario medievale ancora oggi seguito nel Paese delle Aquile, possono essere vendicati anche con la morte sui parenti di linea maschile del nucleo familiare avverso.

Filone questo su cui si stanno concentrando le indagini dei carabinieri di Marina di Ravenna e di Lido Adriano, coordinati dal sostituto procuratore Angela Scorza. Un’inchiesta per nulla semplice – in cui al momento si procede a carico di ignoti per l’ipotesi di tentato omicidio – maturata in una comunità molto chiusa e poco incline alla collaborazione con le forze dell’ordine.

Escluse al momento altre ipotesi legate a spaccio o altri affari illeciti. Anche perché il ferito, un muratore 57enne albanese residente nel litorale con la famiglia, risulta incensurato e senza problemi con la giustizia.

Le indagini

Operato d’urgenza nella notte, le sue condizioni sono ancora gravi anche se per i medici non sarebbe in pericolo di vita. Sentito informalmente dagli inquirenti sulla vicenda, l’uomo avrebbe detto di non conoscere gli aggressori, due uomini e una donna, che nella serata di domenica gli hanno teso un agguato.

Affermazione che contrasterebbe almeno in parte con gli elementi in mano agli investigatori. Nonostante il buio e la bassa qualità delle immagini riprese dal sistema di videosorveglianza del bar di fronte a cui è avvenuto l’agguato, dai filmati si nota infatti che il 57enne, una volta uscito dal locale, si dirige verso l’auto parcheggiata in strada. Probabilmente richiamato dai tre (come si intuisce dal video, non dotato di audio) l’uomo si volta e torna indietro, dirigendosi verso di loro. I quattro iniziano a parlare poi, dopo un paio di minuti, l’uomo viene colpito e si accascia a terra in una pozza di sangue mentre gli aggressori si allontanano, prima a piedi e poi a bordo di un’auto, portandosi via l’arma o le armi usate per colpirlo.

Una vera e propria spedizione punitiva in cui nessuno avrebbe visto nulla; gli altri avventori del locale sarebbero infatti usciti a cose già avvenute. Ma dalle testimonianze delle numerose persone sentite in queste ore dai carabinieri è comunque emerso che i tre ricercati sarebbero stati visti sia il giorno dell’agguato che quello precedente nel bar. Nonostante a quanto pare nessuno li conoscesse personalmente, erano dunque volti noti, almeno di vista, da parte dei frequentatori del locale.

Le ricerche dei responsabili proseguono febbrili anche se per ora senza esito; potrebbero aver trovato ospitalità da qualche parente o conoscente, anche se gli inquirenti non escludono possano essere fuggiti in altre regioni o anche essere già all’estero.

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