Pescatori di frodo nel Bevano scoperti dalle guardie ecologiche

Rimini

RAVENNA. Cinque chili di vongole sequestrate, tre persone denunciate dai carabinieri forestali in violazione della legge quadro 394 sulle aree protette che punisce fra le altre cose la cattura, l’uccisione, il danneggiamento delle specie animali e la raccolta delle specie vegetali.

Controlli di Legambiente

Questo il bilancio di una normale giornata di controlli nella foce Bevano sud, una zona particolarmente battuta dal bracconaggio ittico. A segnalare l’ennesimo caso sono le guardie ecologiche volontarie di Legambiente che ieri mattina nel corso di un controllo hanno avvistato tre persone al centro del fiume con le mute. Scattato l’allarme le guardie hanno atteso l’arrivo dei forestali.

Il caso

I pescatori di frodo si muovono di solito nei giorni feriali ma è possibile vederli anche di domenica, rapidi inseriscono gli attrezzi nelle acque basse e così danno inizio alla razzia dei fondali. I tre denunciati erano da poco entrati in azione, con lunghi rastrelli due avevano letteralmente arato il fondo e un terzo aveva già riempito alcuni sacchi. Per questo genere di operazioni i pescatori cercano di stare equidistanti dalle rive del fiume per poter guadagnare la fuga nel caso avvistino i forestali. Questa volta la presenza di sacchi già pieni di vongole a riva sul lato sud ha guidato l’intervento della pattuglia nell’area inserita nella riserva naturale Duna costiera ravennate, una zona di protezione speciale come ricordato dal comandante provinciale Giovanni Naccarato che conduce le indagini. Spesso sono i capannisti del Bevano a dare l’allarme quando vedono presenze anomale in prossimità della foce.

I predoni

Gli uomini dell’uffici territoriale Carabinieri per la biodiversità, guidati da Giovanni Nobili controllano costantemente le aree costiere protette, ma il fenomeno dei predoni riguarda l’intera costa. Le maggiori preoccupazioni si concentrano infatti di notte quando arrivano dal mare con natanti persone dedite al cosiddetto bracconaggio ittico industriale, ovvero la razzia sistematica di grandi quantità di vongole. Un’attività condotta con il supporto di turbo aspiratori collocati nei bassi fondali che devastano i fiumi come il Bevano. Si tratta di personaggi pericolosi, fanno sapere le guardie ecologiche, che immettono il pescato in canali commerciali poco tracciati. In più le acque nelle foci spesso sono inquinate e la pesca indiscriminata ha più aspetti negativi. Questo tipo di pesca illegale è diffusa in tutto il delta del Po, e la presenza dei predoni anche nelle acque ravennati conferma l’entità del fenomeno. A questi si aggiunge la famigerata caccia al pesce siluro per il quale c’è un vero e proprio mercato nell’est Europa. Negli anni sono stati numerosi i casi di pescatori di frodo di etnia romena capaci di far arrivare nel proprio paese grandi quantitativi di pesce siluro. Un traffico illecito dall’Italia verso la Romania dove il grande predatore d’acqua dolce viene mangiato abitualmente.

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