Quando a Forlì si andava in tram

Rimini

RAVENNA

Forse non tutti lo sanno, ma c’era un tempo in cui Ravenna e Forlì erano unite da una linea di binari e non solo dall’antica strada settecentesca, ovvero la Ravegnana, progettata da Camillo Morigia a cui si deve anche l’attuale tomba di Dante.

In passato, infatti, i collegamenti tra le due città non erano così carenti come al giorno d’oggi.

Negli anni ’70 dell’800, pochi anni dopo l’Unità d’Italia, ci si pose il problema della realizzazione di strade ferrate che collegassero i maggiori centri abitati del neonato Regno d’Italia, per farli uscire dall’isolamento in cui essi versavano. L’idea della tramvia tra le due città romagnole non fu però ravennate. Infatti esisteva già una strada ferrata, che collegava i centri abitati di Meldola, Ronco e Forlì, progettata dall’ingegnere forlivese Giulio Romagnoli e dal meldolese Giovanni Brusaporci: aprì al traffico ferroviario il 19 Novembre del 1881 e la sua prosecuzione naturale poteva essere verso la città di Ravenna.

Romagnoli e Brusaporci proposero l’ampliamento della linea sul territorio ravennate alla Provincia di Ravenna che si rivelò entusiasta del progetto, poiché esso avrebbe permesso un collegamento migliore della nostra città con le zone limitrofe. Il progetto prevedeva una tramvia lunga 27 km, passante per gli abitati di Longana, Ghibullo, Coccolia, Durazzanino e Ospedaletto, a differenza dei 61 che bisognava percorrere per ferrovia passando per Castelbolognese sulla linea Bologna-Ancona. L’apertura del nuovo collegamento avvenne il 10 Novembre 1883 e l’anno successivo venne attivato il servizio merci. La velocità massima consentita sulla linea era di 20 km/h, mentre nei centri abitati era ridotta a 6 km/h e il numero massimo di vetture per treno erano 5, anche se spesso queste limitazioni furono disattese. Nei primi anni dopo la sua apertura la linea si dimostrò abbastanza efficiente, andando anche rosicchiare passeggeri alla ferrovia che passava per Castelbolognese: anche dal punto di vista del trasporto merci essa risultò molto utile, grazie alla realizzazione di raccordi con stabilimenti industriali, come lo zuccherificio di Classe e la fonderia Forlanini di Forlì.

Il tram passava da via di Roma

La linea permetteva a chiunque di percorrere distanze anche brevi a prezzi ridotti e si fermava anche per un solo passeggero a fermata. A Ravenna la tramvia passava attraverso la Porta Nuova, proseguiva per via di Roma, passando davanti alla Chiesa di Santa Maria in Porto, svoltava per via Alberoni all’altezza del Palazzo di Teodorico ed infine arrivava in stazione, mentre la rimessa delle locomotive e delle carrozze era situata in via Mangagnina.

Troppo rumorosa

Nonostante l’entusiasmo iniziale per il nuovo mezzo di trasporto, i ravennati si accorsero ben presto anche dei suoi lati negativi: infatti il tram era ingombrante per le strade di Ravenna e le vibrazioni che esso provocava erano ritenute responsabili del deterioramento delle case, per non parlare del rumore e del fumo che esso emetteva. Col passare degli anni, dopo vari problemi amministrativi, le lamentele dei cittadini, la sicurezza precaria delle vetture e lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, che causò gravi problemi per la reperibilità di carbone, la società che gestiva la tramvia, che nel corso degli anni cambiò più volte proprietà, si trovò in gravi difficoltà finanziarie.

La chiusura nel 1929

Nel 1929 la situazione economica era diventata drammatica e le spese erariali e di manutenzione erano diventate di gran lunga più onerose dei guadagni che la linea faceva fruttare: inoltre i frequenti ribaltamenti delle carrozze testimoniavano la carente sicurezza del mezzo di trasporto. La linea fu dunque chiusa verso la fine del 1929, lasciando così le città di Ravenna e Forlì senza un collegamento ferroviario diretto. Si concluse così l’unica esperienza di collegamento su strada ferrata che le due città avessero mai avuto, e di cui ancor oggi si sente la mancanza, visto che l’unica via di comunicazione fra esse risulta essere la tortuosa e stretta strada che costeggia l’argine del fiume Ronco, rendendo i tempi di percorrenza alquanto lunghi per due città che distano soli 30 km in linea d’aria.

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