Matteo stava male e gli amici andavano a prendere la coca

Rimini

RAVENNA

C’era Matteo che agonizzava sul sedile della sua auto e loro che continuavano a far serata. Con uno dei 4 “amici” che trova persino il tempo e la voglia di fare un salto a casa a prendere della cocaina da pippare. Il tutto mentre Matteo si spegneva poco a poco, molto probabilmente a causa di un mix di metadone e altre droghe. E quel metadone gli sarebbe stato dato dalla ragazza del gruppo, una 21enne ora indagata non solo per omissione di soccorso ma anche per spaccio e morte come conseguenza di altro reato.

Dettagli choc

Sono aspetti scioccanti quelli che emergono dagli ultimi sviluppi dell’inchiesta dei carabinieri di Lugo, coordinati dal pm Marilù Gattelli. Aspetti che lasciano sgomenti e sembrano rafforzare l’idea che Matteo Ballardini si sarebbe potuto salvare. Sarebbe bastata una chiamata, anche anonima, al 118. E invece niente. Dalle 10 di sera fino al pomeriggio seguente nessuno dei 4 amici chiede aiuto. E il rimpianto si mischia alla rabbia pensando che fino alle 11 di mattina Matteo era ancora vivo. Poi alle 15 uno degli amici, un 27enne di Lugo, torna per l’ultima volta nel parcheggio e capisce che Matteo non respira più. Ma neanche in quel momento chiama un’ambulanza o il 112. No, pensa a se stesso. E va dal suo avvocato, Francesco Barone. Sarà a quel punto che il legale gli consiglierà di fare l’unica cosa sensata di quelle dannate 24 ore: chiamare i carabinieri e raccontare tutto.

La ricostruzione della serata

Ma cosa è successo nel corso di quella notte? Questa la ricostruzione che gli inquirenti – al momento – ritengono la più attendibile.

Matteo – che giovedì scorso avrebbe compiuto 19 anni – verso le 22 esce di casa per andare da una sua amica 21enne. I due consumano droga e metadone. Il mix fa star male lo studente dello “Stoppa” che in pratica “collassa”. La ragazza va in confusione e chiama un altro amico di 21 anni chiedendogli di andare in via Piratello nel parcheggio del McDonald’s. L’amico, sulla strada, incontra un altro 23enne. Insieme, a piedi, arrivano nel parcheggio dove Matteo è seduto nella sua Volkswagen Polo. «Chiama l’ambulanza» dice uno dei due giovani. «È già successo altre volte – risponde la ragazza – basta che vomiti un po’ e poi gli passa». Matteo in effetti vomita, ma non si riprenderà mai più. Intanto le ore passano e per non destare sospetti si decide di portare via Matteo da quel parcheggio. Ma nessuno di loro guida. Allora chiamano un altro amico, un 27enne di Lugo, che in bicicletta dal quartiere Stuoie arriva sul posto. Si mette alla guida e parcheggia l’auto in via San Giorgio, ma prima fanno una tappa in una pasticceria di via de Brozzi per prendere qualcosa di dolce all’amico e vedere se si riprende. Ma Matteo non ha un calo di zuccheri, ma – stabilirà l’autopsia – un enfisema polmonare in corso.

La telefonata della madre

A quel punto sul cellulare del ragazzo arriva una chiamata. È la madre. Risponde l’amica: «Matteo è andato in bagno, ha lasciato qui il cellulare». Matteo intanto vomita ancora, ma nemmeno a quel punto nessuno ha il “coraggio” di chiamare un’ambulanza. Uno del gruppo si allunga al Bar Stuoie a prendere una bottiglia d’acqua per farlo bere un po’. La situazione non migliora, eppure il 27enne trova il tempo di andare a casa a prendere un po’ di coca, se la tirano mentre l’amico collassa nel sedile del passeggero. Poi alle 2 di notte il 21enne e il 23enne se ne tornano a casa. Alle 7 anche l’amica decide di tornare a letto. «Devo andare a lavorare» dice. E si fa allungare in auto da una zia a cui non dice nulla. Matteo è una specie di cerino che resta in mano, a spegnersi, al 27enne con la patente. E’ lui l’ultimo a vederlo. Poi lo lascia nel parcheggio in cui verrà trovato cadavere. Ma alle 11 qualcosa che potrebbe definirsi coscienza lo spinge a tornare sul posto. Matteo respira ancora. Buon segno pensa. Alle 15 torna di nuovo. Matteo è ancora lì. Ma non respira più. E’ morto, è un guaio. Meglio chiamare l’avvocato.

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