Scuola, prima vittoria per i precari, Miur condannato a pagare

RAVENNA. Dopo sette anni di battaglia legale, per i precari della scuola ravennate ieri è giunto il giorno della rivincita sul Ministero dell'istruzione. In 250, dopo reiterati contratti a tempo determinato, avevano deciso di imboccare la strada del tribunale attraverso l'avvocato della Cgil Federica Moschini e per i primi settanta sono finalmente arrivate le risposte. Il giudice del lavoro Dario Bernardi, come scrive nella sua sentenza, ha accertato «la violazione della normativa europea in materia di non discriminazione tra lavoro a termine e lavoro di ruolo», condannando il Miur a riconoscere agli insegnanti e al personale Ata (ausiliari, tecnici e amministrativi) di Ravenna gli scatti di anzianità e i correlati aumenti di stipendio. La decisione del giudice non si è però limitata alla sola ricostruzione della carriera, in quanto Bernardi ha condannato il Miur a pagare ai primi settanta ex precari la differenza tra quanto così determinato e quanto effettivamente corrisposto sugli stipendi pregressi.

È una vittoria quella del personale scolastico ravennate, ma che manca di un pezzo. Il giudice ha infatti respinto in toto le richieste di risarcimento danni avanzate, che oscillavano tra le dieci e le dodici mensilità. Una scelta presa in conseguenza del fatto che, tutti i primi settanta ricorrenti, nel corso di questi sette anni dall'inizio della causa, sono riusciti ad accedere a contratti di lavoro stabili.

In ogni caso, la prima causa di questo genere mai celebrata a Ravenna, si conclude con un punto a favore dei precari della scuola.

La scalata del popolo di insegnanti e amministrativi “a termine” ha inizio nel corso dell'anno scolastico 2010-2011. Con il tema del precariato che entrava sempre più nel vivo, quell'anno la Flc Cgil decide di iniziare a ragionare su una causa per la mancata stabilizzazione del personale scolastico. Ai primi sostenitori, in poco tempo si aggiungono sempre più persone, fino a raggiungere la massa critica di oltre 250. E quando il 26 settembre del 2014 esce la storica sentenza della Corte di giustizia europea, che bacchetta l'Italia decretando come illegale il non ingresso in ruolo dei dipendenti dopo 36 mesi di contratti a tempo determinato, nel caso in cui vi sia la presenza di posti vacanti, professori e Ata iniziano a credere di poter vedere riconosciuti i loro diritti.

Il panorama in questi anni non è rimasto del tutto immutato. La maggior parte dei dipendenti, nel corso del tempo, è infatti riuscito a firmare un contratto a tempo indeterminato e sono ancora in pochi le persone costrette a lavorare tra le incertezze.

Dopo la sentenza di ieri, nelle prossime settimane compariranno davanti al giudice anche i restanti 180 casi, che a questo punto è ragionevole pensare che possano ricevere una risposta analoga da parte del giudice Bernardi. Secondo la Cgil non finisce però qui. La segretaria generale della Flc Cgil, Marcella D'Angelo, aveva infatti annunciato che, dopo questi primi casi, è possibile che in futuro il numero dei ricorrenti possa anche raddoppiare.

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