Suicidio assistito. «Cinque ravennati morti in Svizzera»

Rimini

RAVENNA. Sei ore di macchina fino alla Svizzera. Poi un cocktail di farmaci e la fine delle sofferenze. Addio alla vita. Sono almeno cinque i ravennati che negli ultimi due anni hanno deciso di intraprendere questo viaggio verso il suicidio assistito. Lo stesso di Fabiano Antoniani, noto come dj Fabo, paralizzato e cieco dopo un incidente stradale che ieri è morto così, all’estero, riaccendendo il dibattito su una legge sul fine vita che tutti vogliono ma che non mette d’accordo nessuno.

A indirizzare queste persone in bilico tra la disperazione e il desiderio di sollievo è in particolare l’associazione Exit Italia, con sede a Torino, ma attiva in tutta Italia. «In questi due anni abbiamo seguito cinque persone ravennati – spiega il presidente di Exit, Emilio Coveri –, che si sono iscritte alla nostra associazione e che poi hanno terminato la loro vita in Svizzera. Noi diamo solo informazioni, facciamo fare il cosiddetto testamento biologico, poi ogni persona procede in autonomia. Non possiamo pensare noi alle pratiche altrimenti incapperemmo nel reato di istigazione al suicidio».

Chi sono i ravennati partiti per Lugano, Basilea, Berna o Zurigo? Erano tutti uomini sulla cinquantina e malati terminali: chi aveva la sclerosi multipla e chi un tumore che non gli lasciava più scampo.

«Gente che è stata costretta a morire in esilio – dice Coveri risentito – perché i parlamentari italiani negli anni se ne sono fregati di loro. Ogni anno ci sono almeno cinquanta italiani che vanno a Morire in Svizzera. L’Emilia Romagna è la terza regione per numero di iscritti alla nostra associazione : sugli oltre 3mila iscritti totali, quasi 400 sono emiliano-romagnoli. A Ravenna ha sede il nostro coordinatore regionale che raccoglie le richieste di aiuto dei malati del territorio. Ogni settimana la nostra associazione riceve novanta telefonate. Sono tutti disperati, come lo era Fabiano o anche quei cinque cittadini ravennati, che non ne possono più e vogliono dignitosamente mettere fine al proprio calvario. Gente che chiama e dice: vi prego aiutatemi, la mia non è più vita. Facciamo, nei limiti della legge italiana, quel che possiamo».

Per praticare il suicidio assistito in Svizzera bisogna essere malati terminali ma ancora capaci di intendere e volere. «E’ il malato che, dopo aver contattato i centri medici in Svizzera avendoci chiesto le necessarie informazioni, spedisce là le proprie cartelle cliniche che vengono valutate dai medici. Se riceve il via libera – continua il presidente dell’associazione Exit – a quel punto può decidere lui la data del decesso».

Dire addio alla vita tra i monti della Svizzera ha comunque i suoi costi. Circa 10mila euro è la cifra pagata anche da quei cinque ravennati che hanno scelto di andarsene in quel modo. «Comprende vari servizi – spiega ancora Emilio Coveri –. Innanzi tutto il costo delle medicine necessarie per produrre il decesso, poi le due visite mediche, quella precedente alla somministrazione e quella successiva, le pratiche burocratiche, poi il trasporto della salma e l’eventuale cremazione». N.B.

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