Smantellata l'organizzazione che gestiva il mercato del sesso sull'Adriatica

Rimini

RAVENNA. Il core business, o meglio l’hard core business, era legato allo sfruttamento della prostituzione. Ed era talmente remunerativo che i rumeni finiti in manette si erano organizzati come una vera e propria impresa, arrivando a gestire una trentina di ragazze e accettando per affari di scendere a patti dal punto di vista economico con altri gruppi egemoni lungo la statale Adriatica, in particolare con la bulgara Kameliya Vasileva (già sottoposta a fermo nel giugno scorso con altri tre connazionali) alla quale veniva pagato un canone di 100 euro al giorno o 500 a settimana per ognuna delle lucciole collocate nelle piazzole su cui la donna imponeva la propria legge.

Un “Impero”, da cui il nome dell’operazione condotta dai carabinieri della Compagnia di Cervia-Milano Marittima, smantellato dai militari del radiomobile che hanno eseguito le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip Antonella Guidomei su richiesta del procuratore capo Alessandro Mancini.

Otto i destinatari dei provvedimenti restrittivi nei confronti di sette rumeni (uno dei quali, attualmente all’estero, è sfuggito alla cattura) ritenuti i vertici dell’associazione che controllava il mercato della prostituzione lungo la statale tra Cervia e Fosso Ghiaia: tutti residenti a Forlì con figli e famiglie, gli indagati - con i fratelli Zisu (Viorel, Robert Albano e Robert Ovidiu) quali figure centrali - erano attivi anche in altre zone d’Italia, Rimini, Bologna, Lodi, Cremona e Milano.

Nei loro confronti la Procura ha contestato anche il vincolo associativo oltre alle accuse di sfruttamento e violazione della prostituzione. L’ottavo provvedimento riguarda invece la bulgara domiciliata a Cesenatico, la “regina” delle piazzole, figura carismatica nei confronti della quale i membri dell’altra organizzazione mostravano timore reverenziale preferendo sottostare alle pretese economiche della donna piuttosto che andare allo scontro come emerso dalle intercettazioni telefoniche in cui uno degli indagati, a cui era stato chiesto di interloquire con la Vasileva, replica con scetticismo: «senza che facciamo tanto casino, io voglio che vada tutto bene».

Nell’ambito dell’inchiesta, partita nel febbraio del 2015 in seguito alla denuncia di una lucciola che ha portato a scoprire un enorme giro di ragazze che venivano controllate, costrette a comunicare ogni incontro con i clienti secondo un codice alfabetico e a consegnare la metà e in alcuni casi anche la totalità degli incassi, sono stati sottoposti a sequestro preventivo anche beni (tra cui un appartamento preso in affitto a Cervia, vetture di lusso e denaro contante) per oltre un milione di euro.

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