A Ravenna torna l'ombra della Jihad

Rimini

RAVENNA. E’ stato arrestato in un parco pubblico di Ravenna nella tarda serata di lunedì. In tasca aveva un’arma, risultata poi rubata, che qualche passante ha notato per caso allertando poi la polizia. Ma quello che sembrava un “normale” arresto di un muratore albanese quarantenne per detenzione illecita di arma da fuoco potrebbe nascondere qualcosa di molto più inquietante: ovvero un nuovo collegamento tra Ravenna e canali di arruolamento della “Jihad”. Sul caso ora sta indagando per competenza la Dda di Bologna alla quale carabinieri e polizia ieri hanno trasmesso gli atti di un’inchiesta che potrebbe essere solo all’inizio.

L’albanese - difeso dall’avvocato Alessandro Cristofori del foro di Bologna - ieri mattina è comparso di fronte al gip del Tribunale di Ravenna per l’udienza di convalida dell’arresto che si è tenuta in carcere a Ravenna. Il giudice - stando a quanto riferito dal legale - si è riservato una decisione in merito.

Ma gli inquirenti sospettano che dietro la vicenda del muratore albanese - finora considerato estraneo agli ambienti dell’estremismo - ci sia un possibile tentativo di arruolamento. Sospetti che andranno valutati nei prossimi giorni, di sicuro preoccupano le circostanze dell’arresto. A cosa serviva quell’arma? Perché portarla in un parco?

Ravenna già in passato ha dimostrato essere al centro del passaggio di diversi foreign fighter diretti in Siria per finire nella fila dell’Isis.

Secondo la lista resa nota alla fine del 2015 dal ministro alla difesa Roberta Pinotti degli 87 jihadisti passati o arruolati in Italia per combattere con lo Stato Islamico almeno il 10% veniva da Ravenna.

Numeri altissimi che sono però anche indice di una ottima collaborazione tra intelligence, prefettura, procura e forze dell’ordine avviata già prima degli attentati di Parigi. Già agli inizi del 2015 emersero le prime notizie di combattenti dell’Isis morti al “fronte” dopo una vita all’apparenza normale condotta tra la Tunisia e Ravenna.

Il primo morto in combattimento segnalato ai servizi fu Mohamed El Hanssi, poi ci fu il caso di Neji Ben Amara, entrambi giovani tunisini radicati in città.

Ma, assieme a loro, secondo gli inquirenti, almeno altri due ragazzi di fede islamica sarebbero partiti dalla città per poi cadere al fronte. E sempre a Ravenna sarebbe stata attiva nei mesi scorsi una cellula jihadista di almeno sei persone.

Questo, fino alla primavera del 2015, quando fu l’arresto di un altro presunto terrorista, Noussair Louati, a far emergere i collegamenti tra Isis e Ravenna. L’ultimo morto certificato è invece Mohamed Hamrouni tunisino di Hancha, sposato con una donna italiana di un anno più giovane. Hamrouni sarebbe caduto in battaglia nell’agosto scorso.

A tenere unite le esistenze ravennati dei jihadisti partiti dalla Romagna un solo filo comune. Non una vita religiosa, non la frequenza della moschea, ma solo il tentativo (fallito) di farsi largo nel mondo dello spaccio locale.

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