Cadavere ritrovato sulla spiaggia

Rimini

RAVENNA. Da lontano appariva come un ammasso informe, uno dei tanti oggetti portati dalle onde sulla spiaggia; solo quando i due passanti che stavano camminando sull’arenile della riserva naturale si sono avvicinati hanno capito che quelli che avevano davanti erano resti umani, dando immediatamente l’allarme.

E’ ancora avvolto nel mistero il ritrovamento di un cadavere avvenuto il giorno di Pasqua a ridosso del canale di Bellocchio, al confine con il Ferrarese, non lontano dal punto in cui fu ritrovato quello di Cristiano Fini, il 44enne di Sant’Alberto inghiottito dal Reno dopo essere caduto dalla canoa su cui era salito nel tentativo di aiutare il traghettatore bloccato col battello sul fiume nel febbraio di un anno fa.

In condizioni irriconoscibili a causa della prolungata permanenza in acqua, la salma (il cui recupero è stato difficoltoso per via della zona isolata e impervia da raggiungere) è stata portata all’obitorio di Ravenna in attesa dell’autopsia disposta dal sostituto procuratore Monica Gargiulo. Dall’accertamento - fissato per il pomeriggio odierno - si spera di riuscire ad isolare il dna e a ottenere maggiori elementi che possano consentire l’identificazione del cadavere.

Privo di mani e con il cranio ridotto a un teschio, il corpo era talmente sfigurato da non consentire di appurare nemmeno se si trattasse di un uomo o una donna; conformazione e abbigliamento (oltre ai pantaloni ridotti a brandelli il cadavere indossava un giubbotto arancione e scarpe numero 46 apparentemente maschili) fanno propendere per la prima ipotesi, ma l’avanzato processo di decomposizione non ha permesso di accertarlo.

Gli uomini di Capitaneria, Forestale, Vigili del fuoco e Carabinieri che si sono recati sul posto insieme al medico legale e al personale della polizia mortuaria per ora non si sbilanciano. Tutto resta limitato al campo delle ipotesi. In un primo momento era stata presa in considerazione anche la possibilità che potesse trattarsi dei resti dell’ultimo marittimo ancora disperso dell’equipaggio della Gokbel, il mercantile turco naufragato oltre un anno fa al largo di Marina di Ravenna, ma la dinamica delle correnti e la posizione in cui è stata recuperata la salma rendono la ricostruzione poco verosimile.

In attesa di riscontri su possibili lesioni legate ad armi da taglio o da sparo (dall’ispezione cadaverica non è stato possibile rilevare segni particolari; eventuali ferite sulla pelle non sarebbero comunque state visibili a occhio nudo per i processi putrefattivi in fase avanzata), dal ritrovamento di un telecomando (apparentemente di un cancello elettrico), di un accendino e di un contenitore da medicinali ha preso quota la possibilità che possa trattarsi di un suicidio.

L’assenza di segnalazioni di persone scomparse negli ultimi tre mesi nel Ravennate così come nelle province limitrofe ha costretto gli inquirenti ad ampliare l’arco temporale e il raggio d’azione da prendere in considerazione per le ricerche. Come nel caso del cadavere della signora di Rovigo morta nel Po nell’ottobre 2014 e ritrovato alla foce del Lamone a Marina Romea due mesi più tardi, il decesso potrebbe essere avvenuto tempo addietro e a molta distanza dal punto in cui le correnti hanno trascinato il corpo.

Gianluca Rossi

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