L' ente no profit era un locale per scambisti

Rimini

RAVENNA. Locale per scambisti nella realtà, ente no-profit sulla carta per non pagare le tasse: una lista così di clienti, almeno 3mila, che se nel registro della “associazione culturale” figuravano come soci, nella realtà altro non erano che “affezionati” scambisti. Finanza e polizia fanno un blitz in un club a luci rosse alle porte di Ravenna: finisce nei guai il gestore, un 50enne ravennate, denunciato per inosservanza alle norme di sicurezza e risultato evasore totale: il controllo ha infatti permesso di ricostruire redditi per oltre 300mila euro - con 80mila di Iva evasa. Ma di mezzo ci sono finiti anche due clienti: beccati nel loro momento “intimo” da finanzieri e poliziotti, sono stati denunciati per atti osceni in luogo pubblico.

Il controllo di Fiamme gialle e Questura risale ai giorni scorsi: al momento di entrare nel locale per scambisti, militari e agenti hanno subito identificato e denunciato i due uomini beccati con le mutande abbassate ed è bastato quello a lasciar intuire alle forze dell’ordine che, di associazione culturale, c’era poco.

Dall’esame, quindi, dei documenti acquisiti i finanzieri hanno dimostrato che l’imprenditore, al quale è stata ricondotta l’attività commerciale, aveva utilizzato in maniera impropria lo status di “associazione no-profit” «beneficiando così in maniera fraudolenta del regime fiscale agevolato per gli enti senza scopo di lucro», spiegano i finanzieri.

E a confermare che i tesserati non erano soci dell’associazione ma semplicemente clienti del locale sono stati proprio loro: i finti associati hanno riferito di non essere a conoscenza delle finalità dell’ente, di non essere stati in alcun modo coinvolti nella gestione dell’associazione, né tantomeno erano minimamente interessati a svolgere attività artistiche, sportive o culturali: utilizzavano la tessera associativa solo per accedere all’interno del locale con l’unico scopo di trascorrere la serata di divertimento anche nelle aree privé.

Ma la tessera non abbuonava dal biglietto di ingresso che comunque si pagava ad ogni accesso, anche se con distinguo simpatici: per garantirsi un maggior numero di ingressi femminili, il gestore applicava tariffe vantaggiose alle donne single o alle coppie mentre l’ingresso maschile costava sino a 120 euro ad entrata.

«Il controllo fiscale - spiegano dalla Questura e dal comando delle Fiamme gialle - è stato svolto a contrasto dell’illegalità e dell’abusivismo nel sistema economico a tutela delle imprese che operano nella piena e completa osservanza della legge» e, nel caso specifico, ha consentito di recuperare a tassazione oltre 300mila euro di imponibile e circa 80mila euro di Iva. (p.c.)

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui