Quattro profughi assunti per tagliare l'erba nelle strade

Rimini

RAVENNA. Nonostante la crisi è una delle poche aziende che ancora assumono. Il problema, semmai, è che non trova personale disponibile, soprattutto italiano. E infatti una gran parte dei dipendenti sono stranieri, percentuale destinata a crescere ulteriormente grazie all’accordo raggiunto con la Prefettura per l’inserimento nella pianta organica di alcuni profughi.

La Ecogest di Cotignola, leader nel campo della manutenzione e gestione del verde stradale e autostradale con un portafoglio annuale di circa 11 milioni di euro e la prospettiva di una quotazione in Borsa, ha infatti deciso di offrire un’opportunità occupazionale ai rifugiati presenti nel Ravennate. E da lunedì quattro di loro, provenienti dal Gambia, dal Senegal e dalla Nigeria entreranno a far parte della squadra di operai dell’azienda, che impiega un centinaio di dipendenti fissi che in estate lievitano fino a 230.

Il ceo della Ecogest, Valerio Molinari, ha così accolto l’appello lanciato dall’ente territoriale governativo che aveva cercato di coinvolgere le imprese del territorio per favorire l’integrazione degli stranieri arrivati in Italia per ragioni umanitarie. Un’esperienza non fine a se stessa ma che nelle intenzioni del management avrà un seguito, con cui la Ecogest conferma la sua filosofia improntata al multiculturalismo; mai come nei cantieri infatti il melting pot è realtà in cui persone di varie etnie e religioni lavorano fianco a fianco.

Inoltre la decisione di ampliare le risorse umane inserendo personale straniero è in linea anche con la politica dell’azienda, che dopo quattro decenni di esperienza maturata in Italia si sta orientando sempre più verso l’estero come dimostra l’apertura di sedi in Turchia, Romania e Polonia. «L’occupazione strutturale è uno degli obiettivi che rientrano nel piano di sviluppo aziendale - si legge in una nota della società -, coniugando il bisogno dell’azienda di risorse umane da destinare ai cicli produttivi con la scelta di offrire un’opportunità a tutti senza distinzione di nazionalità e di religione».

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