Un'ex collega di Daniela: «C'erano voci strane. I morti aumentavano e ci scherzavamo su»

Rimini

RAVENNA. «Su Daniela giravano strane voci: di furti e non solo. Si diceva che quando c’era lei al lavoro i morti aumentavano. Io non le ho mai visto fare nulla di strano, ma negli ultimi tempi a volte su questa cosa ci ironizzavamo un po’ anche tra colleghi». Era un clima senza dubbio particolare quello che si respirava nel reparto di Medicina dell’Umberto I di Lugo nei giorni precedenti la morte di Rosa Calderoni, la 78enne di Russi uccisa da una dose massiccia di potassio l’8 aprile del 2014. A raccontare quell’atmosfera nell’ultima udienza del processo che vede imputata la 43enne Daniela Poggiali sono sue altre ex colleghe. Infermiere e Oss (operatrici socio sanitarie) portate in aula dall’avvocato Stefano Dalla Valle, difensore della Poggiali. In totale sette testi (tutte donne) che rendono dichiarazioni fotocopia e dallo scarso potenziale processuale.

L’intento della difesa della Poggiali - ultimate le udienze chiave sulla concentrazione di potassio negli occhi della vittima - è quello di far emergere una situazione lavorativa difficile, caratterizzata da rapporti poco sereni tra la Poggiali e il primario Re e protocolli poco chiari sull’utilizzo del potassio.

Il racconto delle testi, però, non regala particolari sorprese. Tutte confermano che poteva capitare di trovare fiale di potassio fuori posto, ma erano casi residuali. Inoltre tutte lasciano intendere che comunque erano i medici a prescrivere l’uso dei farmaci. E se nella scorsa udienza un’amica della Poggiali aveva avanzato pesanti dubbi sulla professionalità del primario Re, le testi di ieri hanno smentito tale circostanza. «Era una persona molto distaccata, quasi snob. Ma era professionale» confermano le infermiere.

E Daniela? Anche qui il profilo che emerge è uguale per tutte: una professionista valida, che aiutava le colleghe, ma molto chiacchierata, soprattutto per i furti, ma non solo. Una delle infermiere ha addirittura ricordato un episodio che riguardò sua madre durante un ricovero. «Una mattina vide la Poggiali attorno al suo cassetto, stava facendo qualcosa di poco chiaro, ma lei entrò e venne interrotta. Il giorno dopo mi disse: “non la denuncio solo per rispetto al tuo lavoro”». Un’altra infermiera ricorda invece di averla vista più volte uscire con delle scatole sotto braccio «Una collega le fotografò, ma non so cosa ci fosse dentro». Un’altra ammette di averla vista mangiare dei pasti avanzati dai pazienti. Ma poi specifica: «E’ capitato anche a me». E infine una “Oss” ricorda come negli ultimi tempi ai ricoverati desse sempre lo stesso consiglio: «Occhio alle borse». Lo diceva ogni tanto o lo diceva spesso? La incalza il pm Angela Scorza: «Beh, alla fine, lo dicevo tutti i giorni». Daniela assiste in silenzio a pochi metri di distanza. Guarda le ex colleghe e non tradisce emozioni. Impassibile, si limita a sussurrare poche parole al suo legale e a scrivere su un quaderno azzurro i suoi appunti in vista di una sentenza che si avvicina inesorabile. Poco prima dell’una il giudice Schiaretti può già chiudere l’udienza. L’aula si svuota ed è in quel momento che il compagno di Daniela, Luigi Conficconi, ne approfitta per un saluto fugace. Niente contatti, solo sguardi lanciati da lontano ma che entrano nella “gabbia”. A Daniela scappa un sorriso. Venerdì prossimo toccherà proprio a lui parlare in aula. Dopo un anno e mezzo racconterà la sua verità e la sua Daniela.

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