Nutrie, è una vera emergenza

Rimini

FAENZA. Flagello nutrie anche nel territorio del comprensorio faentino. Gli argini dei fiumi Senio e Lamone, il canale Naviglio, fosso Vetro e canale Cantrigo a valle della città, la zona intorno alla frazione Cosina (via dell’Ombrello e via Carbonara), a monte, sono le aree più colpite.

E’ una situazione che Bruno Gurioli, presidente dell’Associazione libera caccia, definisce «catastrofica perché non solo incide sulla piccola agricoltura (orti devastati), ma in modo ancor più severo sugli assetti idrogeologici di fiumi e corsi d’acqua».

Quindi non sono solo la Coldiretti e i pensionati ortolani dell’Auser a denunciare una situazione divenuta pare insostenibile: da più parti si levano proteste e richieste di interventi.

Sulla vicenda c’è da ricordare che non è più in vigore l’ordinanza di un anno fa adottata dai Comuni dell’Unione della Romagna faentina per contenere l’emergenza: consentiva l’abbattimento diretto da parte dei cacciatori e la cattura tramite gabbie-trappola, vietando l’uso di veleni.

«Sono cambiati i riferimenti normativi - fanno sapere da palazzo Manfredi -: a partire dall’1 gennaio, per la Legge di stabilità 2016, ogni precedente Piano ha cessato di avere validità, perciò le nutrie non possono più essere cacciate. La situazione è pertanto bloccata finché non sarà pronto un nuovo Piano di indirizzi al quale sta lavorando la Regione, piano che metterà i Comuni in condizione di intervenire».

Nella nuova normativa «la nutria non è più considerata fauna selvatica, ma viene classificata come specie infestante al pari di topi e ratti, quindi potrebbe essere autorizzato anche l’uso di veleni: il problema diventa principalmente di ordine sanitario e ambientale - spiega Gurioli -. Il roditore, fra l’altro, può essere pericoloso in quanto portatore di leptospirosi».

Nel comprensorio faentino, più degli orti, sono a rischio gli argini e i rivali di fiumi e canali, in cui questi animali costruiscono le loro tane.

Secondo Sauro Bacchi dell’Auser di Faenza, «i nostri orti finora non hanno subito grossi danni, forse perché sono distanti dai corsi d’acqua principali: il problema è invece sentito nell’area della frazione Cosina, nei canali a monte, e in fregio alla via Emilia».

Si tratta di un territorio che i cacciatori conoscono bene. Pare che una grande colonia sia presente nel rio Cosina e nei fossi intorno a un’oasi naturalistica in via dell’Ombrello. Qui, immersa in un canneto, vi è una palude, famosa anche per la sosta degli uccelli migratori, ma che le nutrie avrebbero scelto quale habitat preferenziale. Dall’oasi si estenderebbero poi nel fitto reticolato di canali della zona, soprattutto in quello che costeggia la via Emilia ai confini con il territorio del comune di Forlì.

«Nella stessa piccola area - precisa Gurioli - sono stati censiti 17 caprioli e 5 cinghiali: per loro è un corridoio di passaggio dalla collina alla pianura, corridoio sfruttato anche dalle nutrie per compiere il percorso inverso. Se continua così, mi aspetto di vederle in piazza a Faenza. Il danno all’assetto idrogeologico è devastante: costruiscono le tane a pelo d’acqua e, quando viene una piena, le infiltrazioni sono una delle primarie cause di frane di argini e rivali».

Secondo l’opinione della Coldiretti «la piaga mette in serio pericolo la sicurezza idrogeologica e ambientale, e incide sul decoro urbano dell’intera provincia. Purtroppo, al momento, la situazione risulta bloccata, mentre loro proliferano».

Per Gurioli, «risalendo i corsi d’acqua, presto sarà a rischio anche tutto il sistema di laghetti artificiali per l’irrigazione nell’immediato entroterra».

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