«L'acqua mi arrivava ormai alla gola Ho avuto paura di morire»

Rimini

RAVENNA. Quel che resta dell’incidente sono i frammenti sparsi sull’asfalto e una ringhiera appoggiata a chiudere la porzione di balaustra mancante. Sono le chiacchiere nei bar e nelle poche attività aperte dove il tema dell’incidente capitato a don Giovanni Desio è il tema del giorno. Il parroco di Casal Borsetti che lunedì sera ha perso il controllo della sua Bmw X1 finendo contro un’auto in sosta e poi nel porto canale ed è stato salvato da tre cittadini eroi che non hanno esitato a prodigarsi per estrarlo dall’abitacolo pochi istanti prima che la vettura si inabissasse, ieri è stato dimesso dall’ospedale dove era stato portato e trattenuto in osservazione.

 

RAVENNA. «Ho avuto paura. Anzi, diciamolo pure: ero pietrificato dal terrore tanto che non sono riuscito neppure a urlare per chiedere aiuto. L’acqua mi arrivava alla gola. Mi sono affidato a Dio. Ho pensato: faccia di me quello che vuole. Evidentemente mi vuole ancora a Casalborsetti».

Don Giovanni Desio ha passato la notte in ospedale. Graffi, contusioni, una mano ammaccata a furia di picchiare sul finestrino del suo suv finito a mollo nel portocanale appena un minuto dopo il miracoloso salvataggio da parte di tre parrocchiani: Andrea Agostini, Riccardo Giovannelli, Marcello Zinzani.

Gli deve la vita. Li ha ringraziati?

«Ancora no. Lo farò, ci mancherebbe. Mi sono preso una giornata per riprendermi dallo choc, mi hanno appena dimesso dall’ospedale. E’ stata un’esperienza orribile. Appena mi rimetto in sesto voglio incontrarli tutti. Anche Giuseppe Bernardini, ho visto anche lui tra quelli che mi hanno tirato fuori dalla macchina».

Come è andata?

«Non ricordo bene. Forse avevo gli occhiali un po’ appannati e ho visto una macchina parcheggiata sul lato della strada solo all’ultimo momento. Ci sono finito contro, poi la mia ha sbandato sull’altro lato e ha sfondato il parapetto iniziando a scivolare dentro il canale. Se sono vivo è anche perché sotto c’era una barchetta ormeggiata. Ha tenuto sospesa la mia auto, l’ha rallentata».

Si è reso conto di quello che stava accadendo?

«Purtroppo sì anche se ho sbattuto la testa qua e là, dappertutto. Ero stordito ma ho avuto la consapevolezza che stavo rischiando di morire. Il panico mi aveva bloccato la voce, non riuscivo a urlare. Terrorizzato, insomma. Humanum est... Cercavo solo disperatamente di uscire di lì ma la portiera non si apriva. Mi sono quasi spaccato la mano sinistra tentando di rompere il finestrino. Ormai l’abitacolo era pieno d’acqua, l’avevo quasi al collo. E’ a quel punto che mi sono affidato a Dio».

Ed è arrivata la manna dal cielo.

«Mi hanno tirato fuori spaccando il lunotto posteriore. Io mi sono letteralmente arrampicato verso la salvezza graffiandomi tutto».

Scusi don Gianni ma aveva bevuto o andava forte?

«Forte? Si figuri, stavo rientrando in canonica dopo una cena a casa di una famiglia dalla quale vado almeno una volta al mese. Bevuto? Sì, ma come si beve normalmente a tavola. Uno va ospite e non è che può rifiutarsi di bere. Cosa faccio? Chiedo una Coca Cola? Il punto è che con la legge che c’è ora, basta bere due bicchieri e il tasso alcolemico va subito alle stelle... L’importante è che nessuno sia rimasto coinvolto, che nessun altro si sia fatto male. Purtroppo la macchina è irrecuperabile».

Già, il suv è da buttare. Peccato, era una Bmw X1, bella macchina...

«Sì l’avevo da poco. Ma l’avevo comprata usata, avrà avuto già 400mila chilometri. Qualche tempo fa mi avevano tamponato, ne ho dovuto buttare un’altra»

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