«Mi disse: sono un ispettore del lavoro, ti do un amico da assumere»

Rimini

RAVENNA. «Sono stato tirato in ballo senza volerlo. Non ho corrotto nessuno. Un giorno Ferrara mi chiama in ufficio e mi dice: sono il responsabile degli ispettori del lavoro, ho un caro amico che vorrei segnalarle per un lavoro. Io nemmeno lo conoscevo, ma pensai: e se non lo assumo, che succede?». Ecco come Gianfranco Ferrara, uno dei due funzionari dell’ispettorato del lavoro arrestati prima di Natale con le pesanti accuse di corruzione e truffa, avrebbe avvicinato uno dei ristoratori poi finiti nella rete dei controlli “annunciati”. A raccontarlo è l’imprenditore che si è già affidato a un legale per chiarire la sua posizione e che però glissa sulle soffiate sulle ispezioni: «Io non ho dipendenti in nero, mai chiesto controlli addomesticati e non posso dire quello che ho detto agli inquirenti». Intanto, l’inchiesta sull’assenteismo negli uffici della direzione territoriale del lavoro va avanti: dopo l’arresto di Ferrara e di Massimo Siviero, altri dieci ispettori risultano indagati per assenteismo.

Ferrara è dentro anche con l’ipotesi di corruzione: tra i fatti citati, c’è quello secondo cui avrebbe ottenuto l’assunzione nel suo locale di un suo amico per averla avvisata per tempo di un controllo nel suo ristorante...

«Non è andata così, io non lo conoscevo Ferrara. E’ stata un’induzione...».

E’ stato costretto ad assumere quel ragazzo?

«Un giorno ricevo in ufficio questa telefonata. Risponde fortunatamente la mia segretaria. Io non lo conoscevo, ma Ferrara lascia un messaggio per me dopo essersi qualificato».

Cioè, non lo conosceva ma la cercò lui in ufficio e chiarì di essere un ispettore del lavoro?

«Sì, tant’è che non avevo mai avuto problemi e pensai a uno scherzo. Io non avevo bisogno di certe cose: ho dipendenti in regola, mai penserei al contrario. Se capitasse qualcosa a qualcuno di loro, sarei rovinato...».

E cosa voleva Ferrara?

«Segnalarmi un suo amico. Cercava un lavoro per lui, e insomma lì per lì mi sembrò molto strano».

E però lei lo assunse?

«La sua telefonata poteva essere interpretata, diciamo così, in certi modi. Pensai: e cosa succede se non lo assumo? Si metta nei miei panni. Lo feci provare al cuoco e pensai: se va bene a lui, gli do un lavoro. Alla fine, ne ho bisogno. E comunque, il ragazzo andò bene, è educato e non mi ha mai dato problemi: lavora ancora con me».

Ma nei tempi a seguire, Ferrara la chiamò per avvertirla di controlli in arrivo?

«Su questo preferisco non dir nulla. Ma non ho mai chiesto nulla di simile».

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