Arrestato prima di arruolarsi nell'Isis, ora indaga anche la direzione antimafia

Rimini

RAVENNA. Anche la Dda di Torino vuole interrogare Noussair Louati, il tunisino di 27 anni residente a Ravenna arrestato il 22 aprile scorso dalla Digos con l’accusa di aver cercato di arruolarsi nelle file dell’Is. Dopo le domande rivoltegli a maggio dai pm della Dda di Bologna al carcere della Dozza, sarà nuovamente sentito alla fine settimana a Roma alla presenza del suo difensore, l’avvocato Francesco Furnari.

Massimo il riserbo sulle ragioni della richiesta. Nulla è finora trapelato sui motivi del perché debba essere nuovamente interrogato, ma la presenza del legale lascia presumere che Louati sia indagato o che gli inquirenti vogliano sentirlo come persona informata sui fatti per episodi connessi alla vicenda per la quale è detenuto da mesi nel carcere di Rossano Calabro, come ad esempio i contatti e i sistemi di reclutamento on line di aspiranti jihadisti che proprio la scorsa primavera avevano portato ad alcuni arresti proprio in Piemonte.

La richiesta di sentirlo una seconda volta lascia poi aperti ambiti ancora oscuri della sua personalità. Difficile capire se si tratti davvero di un pericoloso terrorista o se sia all’opposto uno ragazzo, nemmeno troppo affidabile come emerso dalle intercettazioni (aveva investito i soldi ricevuti dagli arruolatori per comprare una partita di eroina per spacciarla, ma era riuscito a vendere appena due grammi in stazione, il resto se l’era fatta lui) che giocava a fare la guerra santa? La sensazione degli inquirenti che per mesi lo hanno seguito è quella di trovarsi di fronte ad un “cane sciolto”. Sciolto ma non del tutto solo, come emerse nel provvedimento di convalida del fermo del 27enne; nel disporre l’applicazione della custodia in carcere del tunisino e la trasmissione del fascicolo per competenza all’autorità giudiziaria distrettuale, il gip Rossella Materia fece infatti riferimento alla presenza di una cellula jihadista attiva in città. Un gruppo di integralisti operativo di cui, oltre a Louati, facevano parte altri connazionali, alcuni già partiti per la Siria e deceduti per la causa del Califfato, altri invece ancora in Romagna.

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