Tribunale inondato da cause di lavoro «Dipendenti non pagati anche per 15 mesi»

Rimini

RAVENNA. La crisi colpisce duro e il tribunale è invaso di cause di lavoro. Il primo segnale di massima sofferenza viene infatti dal numero dei procedimenti iscritti alla sezione civile, ben 290 nel 2013 (seguiti da 266 procedimenti definiti).

Numeri che i sindacati considerano solo la punta dell’iceberg di un fenomeno dilagante, rimangono infatti non rilevati le procedure concorsuali ovvero i concordati preventivi, l’amministrazione straordinaria, la liquidazione coatta.

Al centro delle controversie fra lavoratori e imprese ci sono salari non pagati, contributi non versati, differenze retributive, licenziamenti per motivi economici, procedure di mobilità con dichiarazione di esubero, lavoro in nero. Un vero e proprio girone infernale a cui sono condannati i lavoratori.

Addio busta paga. «Molti invece di ricorrere al tribunale – spiega Paolo Bragaglia dell’ufficio vertenze di Cgil – presentano istanza di pagamento all’Ispettorato del lavoro. L’ente convoca le parti per una conciliazione veloce e meno onerosa oppure scatta l’ispezione e la diffida. Altro fenomeno in crescita il ricorso al fondo straordinario di garanzia dell’Inps da parte di lavoratori di aziende dichiarate insolventi. Il fondo copre per intero il Tfr ma per quanto riguarda le retribuzioni solo le ultime tre mensilità. Nel 2013 le domande per pagamento del Tfr sono state 687 e circa 500 quelle per credito da lavoro. Nel Ravennate abbiamo avuto un’azienda che non ha pagato 15 mensilità. È raro che il lavoratore non ci rimetta».

Le aziende piccole per le quali l’istanza di fallimento viene spesso rifiutata si spengono nel silenzio lasciando debiti oppure rilanciano con accordi per la riduzione dei compensi in ragione di tagli ai costi del lavoro. I dipendenti vengono definiti «creditori privilegiati» ma nelle aziende piccole non è applicabile l’articolo 18 né le norme della legge Fornero.

Effetto valanga. Una situazione che affonda le radici nell’anno della deflagrazione della crisi. «Nel 2008 – racconta Barbara Bandini dell’ufficio vertenze Uil – ci fu l’impennata del costo dei carburanti in estate, in autunno le banche chiusero il credito e i finanziamenti anche a imprese con fatture emesse poi ci si mise la crisi dell’edilizia e quindi dell’indotto. Una valanga partita da un sassolino. Il 2013 è stato un anno pazzesco per i fallimenti e per i concordati preventivi. Il il 2014 sarà peggio, non ci sono prospettive senza nuova occupazione o rientri dalla cassa integrazione. Dal 2012 poi c’è stato il boom di concordati. Il dato complessivo dei procedimenti sfugge anche perché molte società sono registrate presso altri tribunali pur avendo stabilimenti e lavoratori qui».

Con un pugno di mosche. Per sanare i propri debiti l’imprenditore porta in tribunale i bilanci degli ultimi tre anni e avanza una proposta in base alla liquidità che riesce a garantire. Il giudice valuta se la richiesta è sostenibile e il concordato viene approvato dall’assemblea dei creditori che avalla le percentuali proposte nel piano di ristrutturazione del debito, numeri che possono andare dal 2% al 100%, quota massima quasi mai vista. Ma di solito le percentuali sono molto più basse.

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