«Sono costretto a risarcire il professore condannato per le violenze a mia figlia»

Rimini

RAVENNA. «Ogni mese verso un quinto della mia pensione per risarcire l’uomo che mi ha distrutto la vita».

Si commuove davanti al giudice papà Davide, si commuove pensando al suo destino e a quello di sua figlia, morta suicida giusto un anno fa a soli 22 anni. L’uomo da risarcire di cui parla è Ezio Foschini; l’ex professore del Ballardini di Faenza condannato in via definitiva a tre anni per violenza sessuale nei confronti di sua figlia, che nel marzo del 2007 era una studentessa 15enne di quell’istituto d’arte. Una storia che scioccò Faenza e che, nonostante la tragica fine della ragazza, si trascina ancora in un’aula di tribunale per un nuovo processo che vede come imputato ancora Foschini, accusato (per la seconda volta) di aver nascosto i suoi beni (circa 90mila euro) per evitare di pagare i risarcimenti. Nel frattempo, però, è lui ad essere risarcito dal padre della ragazza di cui abusò sessualmente.

Una storia assurda e paradossale che, a distanza di quasi otto anni, continua ad allungare lo strazio di una famiglia devastata dal dolore e ora persino da debiti. Tutto comincia nel marzo del 2007 quando la polizia arresta il professor Foschini, oggi 60enne. E’ accusato di aver palpeggiato e baciato un’allieva del Ballardini dentro un ascensore della scuola. Foschini resta tre mesi dentro, poi ecco il processo e la condanna a tre anni (ora definitiva). Ma in primo grado Foschini era stato condannato anche al pagamento di una provvisionale da circa 65mila euro in favore della vittima e dei suoi familiari. Quei soldi, però, la famiglia non li vedrà mai. E così gli avvocati Simone Balzani e Lorenzo Valgimigli - che tutelano la ragazza - presentano una querela contro il prof per “violazione dolosa delle disposizioni del giudice”. Le successive indagini della Finanza dimostrano che Foschini si sarebbe spogliato dei suoi beni per evitare di pagare i risarcimenti, in pratica avrebbe versato i suoi soldi nei conti dei genitori. Si arriva così al processo e alla condanna (finora anche in Appello) di Foschini a un anno e sei mesi. Ma Foschini non paga ancora e per questo, parallelamente, la famiglia della ragazza avvia anche una causa civile. In questa sede, però, il giudice dà ragione al prof condannando a pagare le spese processuali (circa 40mila euro) alla parte soccombente (ovvero la famiglia della ragazza). Ci sarà l’appello, certo, ma il conto con la giustizia civile (a differenza di quella penale) si deve pagare subito. E così la famiglia della studentessa si ritrova in una situazione a dir poco paradossale: ci sono 4 sentenze penali a loro favore e una (civile) contro, ma è il padre della ragazza a dover risarcire l’uomo condannato per aver commesso violenza sessuale sulla figlia. Una morale che mina ancor di più l’equilibrio psicofisico della giovane studentessa che da quel giorno di marzo del 2007 è finita in un tunnel dal quale non uscirà mai più. I genitori fanno di tutto per aiutarla, cercando anche l’appoggio di professionisti. Ma giusto un anno fa la ragazza si toglie la vita. In un messaggio spiega di sentirsi in colpa per i debiti di cui dovrà far fronte la famiglia. Intanto, pochi mesi dopo, la Cassazione conferma tutto: Foschini è condannato in via definitiva a tre anni per violenza sessuale ed entra in carcere a Forlì.

E il risarcimento per la famiglia? Quello non c’è ancora. Perché ora si scopre che anche i conti dei genitori di Foschini sono stati svuotati, per la procura in maniera sospetta. Ecco, allora, il terzo processo. Con i poveri genitori costretti a tornare in aula a ripercorre quel calvario. «Quei soldi ci servivano - ha detto ieri la madre sconvolta - per cercare di curare nostra figlia. E mi pare che si sia capito che nostra figlia avesse davvero bisogno di essere curata. La mia vita adesso? Ho un altro figlio e vado avanti solo per lui, se no anche io l’avrei già fatta finita».

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