Morta nel sottopasso allagato, assolti

Rimini

RAVENNA. Assolti “perché il fatto non costituisce reato”. Questo l’esito del processo, con rito abbreviato, per i due dipendenti del Comune di Cervia a giudizio per omicidio colposo per la tragedia del sottopasso di Savio che il 2 marzo del 2011 costò la vita a una donna di 97 anni, Alda Rosetti.

Quel giorno la donna si trovava in auto con la figlia 74enne quando la loro vettura rimase intrappolata nel tunnel allagato dopo un violento temporale.

Solo grazie al provvidenziale intervento di due carabinieri (l'appuntato Davide Battistella e il collega Gianni Pavan) e di un vigile del fuoco (Alessandro Coa) la più giovane delle due donne riuscì a sopravvivere.

I tre infatti non esitarono a calarsi nell’acqua gelida (quel giorno aveva anche nevicato) e, sfondando il finestrino dell’auto con un’asse di legno, portarono in salvo la donna, trasportata poi in ipotermia all’ospedale.

Non ci fu invece nulla da fare per l’anziana madre, rimasta intrappolata nell’abitacolo.

Ma quali cause portarono all’allagamento?

Una domanda che più volte si sono chiesti in questi anni i familiari della donna, assistiti dagli avvocati Luigi Berardi e Mirco Tonetti. Nei mesi scorsi ai quattro figli della vittima sono andati come risarcimento circa 600mila euro complessivi, al termine di una trattativa tra le parti conclusa prima della fine del processo in abbreviato. L’anno scorso la procura aveva chiesto il rinvio a giudizio per l’allora dirigente del settore Lavori pubblici e per il direttore del settore Gestione e manutenzione del territorio, i due erano difesi dagli avvocati Filippo Sgubbi e Antonella Montanari.

Al centro dell’indagine del pubblico ministero Isabella Cavallari era finita inevitabilmente la struttura viaria, sulla quale erano state disposte diverse consulenze tecniche per accertare eventuali responsabilità. Ai due dirigenti era contestata la mancata manutenzione dello scolo Camane; ostacolato per l’accusa dalla presenza di rami, foglie e arbusti. Per la procura a causa di quella situazione il deflusso dell’acqua fu infatti impedito e per questo tracimò sulla strada.

Sotto accusa anche le varianti approvate rispetto al progetto originario e il sistema di pompaggio che, pur continuando a funzionare, non era in grado di assorbire la quantità d’acqua.

Ai due imputati era contestata anche l’assenza di un sensore collegato all’impianto semaforico per impedire l’accesso di eventuali veicoli e la mancata predisposizione di sistemi di sicurezza atti a segnalare eventuali malfunzionamenti dell’impianto di sollevamento e di meccanismi per lo scarico di emergenza della vasca di accumulo.

 

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