Città attaccata dalle api, spavento tra la gente

Rimini

FAENZA. Aprile e maggio sono mesi in cui non è difficile imbattersi in sciami di api che traslano dietro alla regina in cerca di un luogo dove costruire il favo. Un fenomeno naturale da osservarsi spesso anche in centro città. Proprio come avvenuto in questi giorni quando alcuni sciami hanno però allarmato, e non poco, i faentini.

Nugoli di insetti sono stati avvistati in viale Stradone, nel parco della casa di riposo “Il fontanone”, vicino alla clinica San Damiano, nei pressi della caserma dei carabinieri, in via Baliatico, in via Campidori, nei pressi del rione Rosso. L’attenzione è stata richiamata dall’incessante ronzio degli insetti, proveniente dall’alto, vicino alle piante o in prossimità dei tetti. Molti passanti si sono fermati a godersi lo spettacolo altri invece si sono dileguati, spaventatissimi dalla possibilità di essere punti, sebbene secondo gli esperti non vi sia alcun pericolo, almeno in questa fase di sciamatura.

Alcune chiamate sono arrivate ai vigili del fuoco che hanno girato le richieste agli allevatori specializzati, i cosiddetti “Bee buster” (“Acchiappa api”). Fra questi Mauro Lombardi (della fattoria didattica “Apicoltura Lombardi” in via Mercanta). E’ “l’uomo che accarezza le api” senza maschere, né guanti o schermature, e lo fa vedere ai bambini delle scuole quando vanno in visita alla sua fattoria.

«Mi sono occupato personalmente degli sciami vicino alla caserma dei carabinieri e in via Baliatico (ex maternità), altri miei colleghi sono andati da altre parti. Siamo nel pieno della sciamatura – racconta -: le api cercano soprattutto florescenze di acacia e robinia. Una regina se ne va da una colonia portandosi dietro migliaia di esemplari. In genere sono più le api in un’arnia che i cittadini di Faenza. E sono centinaia gli sciami ogni giorno: a noi apicoltori non manca certo il lavoro. Comunque potete stare tranquilli, le api in questa fase sono buonissime. Quando non hanno una casa da difendere mancano di istinto aggressivo, quindi si possono tranquillamente accarezzare».

Come mai si vedono sempre più spesso in città? «Le api non distinguono campagna, città o foresta; per loro i fiori sono tutti buoni, ovunque si trovino. Se il posto non ispira, si spostano anche per chilometri prima di sistemarsi. In natura cercano le cavità di vecchi alberi, ma in genere le troviamo prima noi apicoltori che le raccogliamo e le ospitiamo in una bella e comoda arnia. Le teniamo un po' in quarantena e poi iniziamo ad allevarle per produrre il miele».

Il fenomeno è sinonimo di un ritrovato benessere della specie. Pare infatti superato il nefasto ciclo della moria delle api, che fece parecchio parlare alcuni anni fa, in relazione ai connessi rischi per l’umanità. Si chiamarono in causa gli anticrittogamici usati in agricoltura, ma ad avviso di Tiziano Rondinini, altro esperto apicoltore faentino, «fu un evento principalmente legato a patologie: alla varrea, una parassitosi storica di questi insetti, e alla nosema, un protozoo che attacca l’intestino delle api e che si manifesta in particolare quando la primavera tarda ad arrivare e le api sono costrette al riparo, finendo per restare contagiate dalle loro defecazioni».

C’entra insomma il clima: se il meteo non fa troppe bizze, le api non si ammaleranno e continueranno a sciamare e svolgere in questo modo il loro ruolo biologico nell’ecosistema.

 

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